MASSA

La Massa, Massa, da massa (agglomerato). Università autonoma fino alla sua aggregazione a Vallo (2 km). Da Salerno 90 km.

Frazione del comune di Vallo della Lucania, sorta intorno al X secolo.
Originariamente era solo una villa con diversi coloni che abitavano in case molto vicine tra loro per motivi difensivi.
Oggi è un borgo molto suggestivo in quanto conserva intatto un patrimonio di beni culturali e architettonici di grande interesse, tra cui la Chiesa di Santa Maria Vittoria e il Convento dei Padri Cappuccini.

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA VITTORIA

SCORCIO DEL CENTRO STORICO


 È sempre più avvalorata l’ipotesi secondo la quale il primo insediamento umano nel luogo sia da collocare nel X secolo, tanto più che il toponimo, come quello della vicina Massascusa, può essere messo in rapporto con l'arrivo nella zona di famiglie delle massae calabre, di cui si è detto, al seguito dei monaci italo-greci rifugiatisi nel territorio. Origine del casale che il Giustiniani già aveva ritenuto conseguenza di un «radunamento di pochi miserabili, spiegando gli eruditi la voce Massa, per una villa colla sua famiglia rustica per coltivarla». Notizie, queste, che il Giustiniani rilevava dall'Antonini, che a proposito di Massascusa si sofferma «sull'origine di cotal nome».

Le famiglie, che dapprima forse vivevano in sparsi tuguri, furono presto inclini ad aggrupparsi, benché ciò non appaia dal Giustiniani, il quale informa che il luogo era ancora abitato da famiglie longobarde che religiosamente erano assistite «dalla chiesa di S. Maria dei Longobardi di Novi; onde alle volte è chiamata Massa di Novi».

Notizie di Massa sono contenute anche nei Registri Angioini. Il primo dicembre 1271 il re ordinò al giustiziere del Principato e della Terra beneventana di riscuotere a Massa i residui delle tasse di quattro famiglie.

L'Antonini parla di un certo Valenzano, barone di Massa nel 1432. Si tratta evidentemente del ramo di Novi di questa famiglia che aveva ricevuto il casale in suffeudo dai Marzano, due secoli dopo rivenduto al ramo napoletano della medesima famiglia.

Nel 1538, con l'assenso del viceré duca di Toledo, Ettore Pignatelli concesse Massa in suffeudo a Barnaba Pinto di Vallo con titolo di barone, riservandosi la giurisdizione delle seconde cause civili criminali. Nella seconda metà del '500 a Massa vi era anche un notaio, come testimonia un istrumento rogato il 17 dicembre 1595 da Gabriele de Laurentis, con il quale Donato Antonio Mottola, che già possedeva beni nel casale, accrebbe il legato, fatto dal padre, per le messe da celebrare sull'altare del Rosario eretto nella cappella di S. Pietro.

Eliseo Mottola, cadetto di G. Antonio e barone di Mandia e Rodio, con istrumento redatto dal notaio Francesco Ferro di S. Barbara il 10 luglio 1583, nell'emancipare i figliuoli Orazio e Donato Antonio, donò loro, in parti uguali, tutti i beni stabili siti nel casale di Massa dello stato di Novi, pervenutigli in eredità da G. Antonio e da sua madre Joannella Barba.

Nel 1588 I'Università pregò il duca di Monteleone di concedere un appezzamento di terreno per erigervi una chiesa. Il duca assentì esprimendo il desiderio che la nuova chiesa venisse dedicata a S. Maria della Concezione. Così il 24 agosto 1588, benedetta la prima pietra da mons. Morello, se ne iniziò la costruzione. Intervenne, però, la duchessa donna Gerolomina Colonna, sorella dell'ammiraglio Marco Antonio, chiedendo che la chiesa venisse intitolata a S. Maria della Vittoria, a ricordo appunto della celebre battaglia.

Nei primi del '600 il casale era tornato di nuovo in possesso dei Pignatelli che lo rivendettero ai Valenzano di Napoli, anche con la giurisdizione civile, penale e mista delle prime e seconde cause. Il suffeudo era stato acquistato da D. Alfonso Valenzano, esattore della gabella della farina a Napoli, di cui il Capecelatro ricorda l'incendio della casa durante la rivolta di Masaniello.

Nel 1641 il principe di Monestarace, entrato in possesso della baronia di Novi, pretese diritti che non gli competevano, per cui il Valenzano fu costretto ad adire il tribunale della Vicaria. A D. Alfonso Valenzano successe, come barone del casale, il figliuolo Angelo Antonio vivente nel 1659.

Nel 1677 la popolazione chiese al vescovo di Capaccio mons. Bonito la elevazione della chiesa a parrocchia, richiesta accolta con bolla del 5 gennaio 1681. Nel 1806 Massa aveva ancora due parrocchie come risulta da una nota di mons. Maiese pubblicata nel Bollettino diocesano. Mons. Bonito, però, dispose che la nuova chiesa, con i suoi poderi, dovesse considerarsi grancia, fattoria dipendente dalla chiesa di S. Maria dei Lombardi, come quella di S. Pier Celestino lo era della chiesa di S. Giorgio. L'economo e il vice rettore della nuova chiesa di Massa veniva quindi scelto dal clero di Novi. Su proposta dell'abate di S. Maria dei Lombardi, il vescovo approvò la nomina di G. Filadeldo di Lorenzo a primo rettore di S. Maria della Vittoria. Alla morte del parroco, avvenuta nel 1698, I'università rifiutò di riconoscere la designazione del clero di Novi nella persona di D. Pietro Corrado. Si accese un giudizio che doveva durare circa un secolo.
Dopo la morte del curato di Lorenzo la situazione peggiorò. Il clero di Novi, presentatosi a Massa per esercitarvi i propri diritti, fu accolto da un popolo inferocito, soprattutto le donne, che lo costrinse a fuggire, come del resto era già avvenuto anni prima quando si era trattato di riscuotere le decime. Irritati, i preti ricorsero al re, il quale di fronte all'ostinata volontà del popolo di Massa, fu costretto a riconoscere l'indipendenza della chiesa, rimettendo la questione alla curia. Il clero di Novi non si diede per vinto se per lunghi anni continuò ad adire i tribunali. Solo nel 1778, sopraffatto dalla stanchezza, abbandonò la questione.

Nel '600 a Massa vi era una fiorente industria per la lavorazione delle funi e ancora ai primi del '900 un'attiva cereria (D'Ambrosio).

Nel 1872, in un tafferuglio accesosi tra un certo Vincenzo Sansone e i militari del presidio di Vallo furono addirittura usate armi da fuoco, tanto che si pensò a una vera e propria rivolta contro lo Stato. Il villaggio fu assediato per tre giorni, fino a quando l'equivoco non fu chiarito.

Le rivalità Massa-Vallo sono rimaste un dato costante nei rapporti tra i due casali fino al 1960. Famose le sfide con la fionda sulla Tempa della Serra e le sassaiole che si accendevano tra gli abitanti dei due villaggi durante la Settimana Santa per ostacolarsi a vicenda la visita ai sepolcri.

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