TRESINO

Tulisino, Tirusino, Terresino, Tirisino, Trisino, Tresino, S. Giovanni di Tresino. Abitato sorto dal confluire in una sola località dei dipendenti dei due monasteri di S. Angelo e di S. Giovanni di Tresino. Il borgo è situato tra Agropoli e Santa Maria di Castellabate. Da Salerno Km. 65.

E’ un borgo medievale abbandonato situato nel basso Cilento sulla sommità di un colle. Conserva traccTresino è un monte incontaminato, un'estrema propaggine del monte Stella e rientrante nei confini del parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni mentre la sua costa ricade nell'area marina protetta di Santa Maria di Castellabate(Sa).

Tresino deriva probabilmente dalla presenza dei Greci Trezeni oppure è da ricondurre alla parola "treseni" per indicare le tre rientranze della costa (tre seni).

Lo costa tresinese è oggetto di numerosi fenomeni erosivi che ne contraddistinguono il paesaggio.

Suggestive le rocce levigate nel tempo come lo scoglio "della Tartaruga" e quello "della Principessa saracena" che richiama nella forma il viso di una donna intenta ad ammirare il mare. Secondo la legenda sarebbe la principessa saracena Ermigarda che si gettò nel mare per unirsi al suo amato pescatore Octavio, inghiottito dalle onde. Nettuno per pietà li trasformò in scogli. 

Ricordiamo l’ antico Villaggio di San Giovanni fondato a Tresino intorno all'anno 1000, disabitato dal XVIII secolo a causa dello sviluppo dei centri vicini e la Chiesa di San Giovanni a cui è  legata la leggenda della campana di san Giovanni che fu trafugata dai Saraceni e gettata in mare nella “fossa di San Giovanni” per evitare che la loro nave affondasse in una mareggiata. Si crede che alla mezzanotte di ogni san Giovanni a Tresino, sia possibile percepire ancora il suono della campana.

ENTRATA NEL BORGO

IL CAMPANILE DEL MONASTERO

IL MONASTERO DI S GIOVANNI

IL MONASTERO DI S GIOVANNI

LA CHIESA DEL MONASTERO

LA PIAZZA

LA PIAZZA

SCORCIO


Tulisino, Tirusino, Terresino, Tirisino, Trisino, Tresino, S. Giovanni di Tresino. Abitato sorto da1 confluire in una sola località dei dipendenti dei due monasteri di S. Angelo e di S. Giovanni di Tresino.

Il più antico documento che accenna al luogo è dell'agosto del  986. Con un suo memoratorio Ligorio di Atrani, figlio di Giovanni, concesse in beneficio, « diebus vite sue », al presbitero Bernardo la chiesa di S. Giovanni da lui costruita << in monte qui dicitur tulisino [odierno monte Tresino] , lucaniense finibus >>, con tutte le sue pertinenze. Nel 1042 Marino, figlio di Joannace da Luporto, e i suoi fratelli concessero, senza particolari oneri o patti, al presbitero Giovanni, figlio di Romualdo, la chiesa che possedevano « in locum qui dicitur tirusino ». A S. Giovanni di Tresino pare nascesse (a. 1070) Costabile Gentilcore, il futuro quarto santo abate cavense (1122-1124).

Nel 1072 Gisulfo II donò  all'abate cavense chiesa e proprietà in quei pressi. Quei che è certo è che nel 1083 già vi erano a S. Giovanni di Tresino diciannove famiglie soggette alla Badia, come si legge nel placito tenuto nell'arcivescovado di Salerno e presieduto dal conte-giudice Sico. Della chiesa e del monastero è notizia oltre che nella bolla di Gregorio VII ( << sancti joannis de terresino >>) che in quella di Urbano II del 1089 (<< in tirisino monasterium sancti joannis >>). Nel 1090 i1 conte Riccardo Senescalco, signore di Mottola e di Castellabate, figlio del gran conte Drogone, donò  alla Badia la chiesa di S. Angelo di Tresino. Nel 1094 Ruggiero, figlio di Troiso il normanno, donò  parte del monastero di sant'Angelo costruito « in serra montis » di Tresino, con tutte le sue dipendenze già di proprietà del conte Leone, figlio del conte Castaldo e dal principe Riccardo, figlio del principe Giordano, donato a Leone. Con un'altra donazione del 1098 il conte Senescalco offri alla Badia la chiesa di S. Angelo di Tresino. Il monastero di S. Angelo sito su una collina (monte Tresino) tra Agropoli e Castellabate, a picco sul mare, era perciò di proprietà di più feudatari.

Nel 1114 Landolfo, un altro figliuolo del conte Mansone, con i fratelli Guido e Alessandro, figliuoli del fu Gisulfo, già monaco a Cava, confermarono la donazione fatta rispettivamente dai genitori e dal nonno della proprietà anche a Tresino e Staino. Quest'ultimo e l'approdo di Tresino sono in genere sempre menzionati nei documenti che li riguardano. L'abate però, forte della precedente risoluzione di vertenza, fece elevare la multa in caso di controversia, a « mille auri solidos constantini ». Nel 1116, i1 duca Guglielmo confermò all'abate Pietro, tra gli altri beni, anche quelli a Tresino, Licosa e Staino. Nel gennaio del 1143 Itta e Sighelgaita, figliuole del fu Glorioso, figlio del conte Pandolfo, sposate ai fratelli Pietro e Marino Cacapece, essendosi sciolto i1 matrimonio di quest'ultimo che aveva indossato l'abito monastico, vendettero alla Badia la proprietà da esse possedute in Lucania e loro pervenuta dal fu fratello Sico, dalla madre Ermelina e dalla sorella Magalda, moglie di Marino Caraciuli. 

Detta proprietà, tra cui quella posseduta a Tresino e a Staino, fu venduta da esse, viventi secondo leggi e consuetudini romane, alla Badia. Più interessante la donazione del settembre 1143 con la quale il milite Stabile, cresciuto ed educato dagli abati cavensi e oblato dell'Abbazia, dopo aver raggiunto ricchezza e gloria, fino ad ottenere gli sproni d'oro di cavaliere, chiese all'abate Falcone di vestire l’abito monastico con atto pubblico perciò, il cavaliere donò alla Badia tutti i beni che  ossedeva nel distretto di Cilento, tra cui Tresino e inoltre 300 tarì d'oro. Gismondo di Rocca Romana con testamento 13 del maggio 1185 dispose che tutti i suoi beni esistenti fuori Salerno, a Lama e Maturno, e nel distretto di Cilento a Tresino e Licosa, con mulini e censili, dovevano essere trasferiti alla Badia alla sua morte. Nel registro dell'abate Tommaso è notizia del fitto della chiesa di S. Giovanni di Tresino (l'abate ricevette da Benedetto di Tresino un'oncia d'oro) e di una lettera inviata al giudice Giovanni di colà; vi è cenno di versamenti di 17 tarì d'oro e tarì 8 e della consegna al nocchiero Guglielmo di tre moggi e mezzo di frumento di un moggio di orzo e di uno e mezzo « de dolacis >>, mezzo moggio di fave e tre tomola di « ciceri ». Dal processo del 1276 si rileva  che Tresino rendeva 20 once annue e che la metà spettava al vescovo di Capaccio.

Il Ventimiglia  rileva da un documento che il notaio Tommaso Piczicariolo, fig1io del fu Bonaventura, alienò a favore del monastero, per 50 once d'oro siciliane, un terreno con abitazioni ad archi e con una corte con cisterna << in plaia montis >> a Salerno (pressi della chiesa di S. Massimo) riservando l'usufrutto per sè e per la moglie Nicolia.

Nell'Archivio cavense vi sono ancora fino alla fine del '300, altri 20 documenti  tra cui una donazione, una concessione perpetua, una presa di possesso, un testamento e sedici concessioni enfiteutiche.

Interessanti il testamento e l'ordine di presa di possesso. Nel 1318 Nicola di Tresino disponeva di diseredare i figli di Francesco di Fontana se avessero ricusato di diventare vassalli della Badia; per una vertenza con Tommaso di Castellabate che assumeva di possedere il villaggio di Tresino, «virtute locationi» fattagli dal monastero, l'ordine (1342)  a fra Matteo di Eboli, priore di S. Mango, di prenderne possesso.

Il 25 aprile del 1382 i vassalli di Tresino prestarono giuramento di fedeltà all'abate Antonio. Nell'Archivio di Cava vi è un inventario e una pianta dei beni stabili del beneficio dei monasteri di S. Angelo e di S. G. Battista e il testamento con il quale il magnifico Ascanio de Vicariis, feudatario di Tresino, restituì nel 1567 alla Badia i beni mobili dipendenti dal Beneficio.

Il Guillaume include anche Tresino tra i villaggi sotto il dominio temporale della Badia: «chàteu, Terresinum ou Trisino Cilento, 1073, Gisulfe II, prince de Salerno, parte 1410».

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