Era un piccolo villaggio che sorgeva su un promontorio tra le foci di due fiumi, il Lambro e il Mingardo a circa 1 Km da capo Palinuro a breve distanza dai comuni di Centola e Pisciotta.
Nel tempo subì ripetuti assalti e distruzioni ai quali non sempre riuscì a farvi fronte, nonostante la posizione strategica che l’avrebbe dovuto proteggere dalla incursioni nemiche. All’alba dell’11 giugno 1464 infatti, i pirati saraceni la rasero al suolo mettendo in fuga coloro che non furono presi come schiavi verso i paesi vicini dell’entroterra.
Oggi ne resta il ricordo e un paesaggio mozzafiato come solo quello dell’entroterra cilentano sa essere.
A oriente di Palinuro, nel semicircolare ampio seno della Molpa, sull'omonima collina calcarea tra il basso corso del Lambro e la foce del Mingardo, anni fa vennero portati alla luce reperti di un villaggio indigeno, in rapporto con il mondo ellenico (Siris), che dopo la distruzione di Sibari (a. 510 a.c.) passò sotto I'influenza della vicina Velia. Anzi è da presumere che la foce del fiume Melphes sia stata, forse, uno dei punti di approdo del commercio foceo. Gli scavi archeologici, anni fa, rivelarono sul promontorio della Molpa una necropoli databile tra gli ultimi decenni del VI e i primi del V secolo a.C., resti di fortificazioni di un abitato con la sua acropoli nonché i resti di un centro del II secolo a.C. Nella necropoli si rinvennero corredi di vasi con decorazione geometrica di fabbricazione locale (area enotria) misti a vasi ionici e a qualche vaso attico. E poiché gli scavi eseguiti a Palinuro mostrarono identità di reperti con quelli di Molpa è possibile assegnare definitivamente i famosi tre incusi d'argento (di cui prima).
Del luogo mancano poi sicure notizie. È noto che Massimiano Ercole scelse come luogo di riposo, dopo la sua rinuncia all’impero, una villa in Lucania e l'Antonini assicura che questa villa era appunto sulla Molpa. Il Chronicon salernitanum dice di alcune famiglie romane in viaggio per l'Oriente furono portate dalla tempesta a Ragusa e poi giunsero a Molpa, da dove sarebbero ripartite per fondare Amalfi.
Mancano documenti del tempo. Solo nell'Antonini si accenna ad uno del 1033, nel quale sarebbe stata notizia di un piccolo monastero di benedettini nei pressi di Molpa (località “la Panta”) noto come «obedientiae sancte Caterinae». L'Antonini dice pure di un documento più antico (a. 908) che diceva del Melphes, noto come Rubicante, e di un naufragio nei pressi ai tempi di re Ruggiero, il quale avrebbe poi raso al suolo le mura per punire la popolazione che aveva osato ribellarsi al feudatario, un nipote del conte Rainolfo.
Certo è che sulla collina della Molpa vi erano un castrum distrutto dai saraceni e un castello di cui sono visibili i ruderi e del quale è notizia nei Registri Angioini.
Nel 1269 re Carlo I ordinò di avocare alla Regia Curia il castello della Molpa, con Camerota e S. Severino, tenuti dal milite Guglielmo Gagliardi. Nel 1554 il feudo, benché privo di abitanti, fu venduto da Carlo Caracciolo, con Pisciotta e Palinuro, a Sancio Martinez de Leyna. Egli trovò Palinuro e Molpa completamente deserti per la recente incursione dei pirati barbareschi: «la terra della Molpa che una volta era bella et fertile, tutta lavorata fino alla ripa del mare, fatta selvatica et sterile».
LATITUDINE: 40.0371026
LONGITUDINE: 15.302174100000002
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