PALINURO

Toponimo da pali oros (monte che si guarda dalla spiaggia) o palin ouras (luogo dove il vento gira). L’estrema punta del Capo Palinuro è detta pure Capo Spartivento. Università autonoma fino alla sua aggregazione a Centola (km. 7). Da Salerno Km. 121.

È la frazione più grande di Centola ed una delle località turistico balneare più nota del Cilento meridionale il cui nome è legato ad un personaggio dell'Eneide il mitico Palinuro, nocchiero della flotta di Enea. 

L'incremento urbano ed abitativo di Palinuro, si ebbe dopo le antiche scorrerie saracene ed il declino della vicina Molpa.

Un esempio di splendida architettura rurale è la fontana decorata costruita in un orto gentilizio al centro di Palinuro alla fine del 1700.

Da visitare in Località S. Paolo è la necropoli arcaica risalente al VI sec. a.c. portata alla luce intorno agli anni '50.

Su un terreno a picco sul mare troviamo l’’Antiquarium situato in località"Ficocella" , creato per raccogliere ed esporre i numerosi reperti archeologici venuti alla luce durante una serie di campagne di scavo e ritrovamenti di relitti di età ellenistica affondati nel mare di Palinuro.

Da non perdere il famoso Arco Naturale e l'antistante spiaggia di Mingardo dove il fiume incontra il mare. 

E’ possibile fare emozionanti escursioni con soste in angoli paradisiaci  accessibili solo dal mare e approdare  alla fantastica spiaggia del Buondormire. Suggestive le grotte di Capo Palinuro come la Grotta Azzurra per il suo caratteristico colore, la Grotta del Sangue nel cui interno le acque hanno riflessi rossastri e la Grotta dei Monaci.

La notte del mito è la manifestazione più importante a livello artistico che rievoca  il passaggio delle navi in fuga dalla città di Troia.

VEDUTA

UNO SCOGLIO

SCORCIO

SCORCIO

SCORCIO

IL PORTO

IL GOLFO

CHIESA DI S MARIA DI LORETO

La Grotta Azzurra

La Scogliera


Nelle ricerche di alcuni decenni fa (a. 1940) sulle dune fossili e sulle grotte di Palinuro, il Blanc  aveva osservato al di sotto della formazione dunare quaternaria, nelle colline dei dintorni di Palinuro, un complesso arenaceo-conglomeratico. Nelle grotte Cala delle Ossa, Visco e Ciavole, il Blanc distinse due orizzonti di industrie musteriane: il più antico (Cala delle Ossa) formato di strumenti di quarzite e di di aspro di tipo levalloiso-musteriano ed uno più recente (grotta delle Ciavole) con manufatti di dimensioni più piccole e una frequenza di oggetti puntiniani nelle ricerche del 1953. Osserva il Radmilli  che gli elementi finora comparsi sono piuttosto esigui per un chiaro inquadramento di tali industrie, anche perché questi rinvenimenti contrastano con i reperti delle grotte Taddeo, Cala e del Poggio (a 10 m. sul mare, riempimenti di m. 6 di spessore). Nella grotta Taddeo certamente consumarono pasti cacciatori neanderthaliania.

Gli scavi archeologici del 1939, eseguiti dal  Sestieri su tutta l'altura di S. Paolo che sovrasta l'abitato, misero a luce mura di fortificazioni e nella sabbia delle dune, tombe a fossa senza traccia di copertura con orientamento dei depositi est-ovest e perciò forse non rituali. 

Ma vi si rinvennero pure sepolture a pozzo e oggetti di ferro e di bronzo.

Ceramica che presenta netti caratteri d'identità con quelli della peucezia, con quella di Sala Consilina e Atena Lucana, per cui sarebbe da riconsiderare l'affermazione di Dionisi sulla venuta di enotri e peucezi dall'Arcadia e da ammettere che proprio da Palinuro partisse una delle carovaniere per la valle di Diano. Carovane che trasportavano ceramica locale e ceramica ionica che alla vicina Pixous (Bussento, Policastro) giungeva per la via istmica da Siris e la ceramica ionica e attica a mezzo dei mercanti focei. Manufatti che venivano scambiati con il grano della ferace Valle del Tanagro, di quel lago pleistocenico svuotatosi in epoca storica. Grano che anche dopo la caduta di Sibari (a. 510 a.c.) i focei di Velia continuarono a trasportare ad Atene che ne acquistava sempre in maggiori quantità.

Altri saggi di scavi, però non sono riusciti a mettere in evidenza necropoli che mostrassero la continuità di vita della città ellenizzata dopo la fine del VI secolo a.C. Quando cioè' era ancora in simpolyteia con la vicina Molpa, come si rileva dai celebri tre incusi di argento databili 530-520 a.C. con 1a figura del cinghiale in corsa e la leggenda PAL(inuro)- MOL(pa).  La brusca interruzione della vita dell’autoctona popolazione, confermata dagli scavi,accreditò l’ipotesi della grave calamità (cataclisma, peste) abbattutasi sulle due poleis. La punizione per l’orrendo misfatto dell’uccisione dell’inerme e stremato pilota di Enea? Evento che porta al mitico episodio della morte di Palinuro, narrato con straordinaria vivezza da Virgilio.

Dice Eutropio e chiarisce Orosio  che nel 253 a.C., nel corso della I guerra punica, la flotta romana naufragò proprio a Palinuro.

Delle 250 navi, agli ordini dei consoli Servilio Cepione e Sempronio Bleso, 150 colarono a picco. Nel 36 a.C. la flotta di Ottaviano, che si dirigeva verso la Sicilia, fu costretta da un fortunale a cercar rifugio nei seni naturali tra Velia e Palinuro.
Tuttavia alcune navi s'infransero contro il frontone del capo (il  Monte d'oro dei corsari barbareschi). 
A meno che per le necessità della navigazione non si fossero stabilite particolari relazioni con i locali abitanti, è da supporre che il borgo marinaro e il villaggio subissero frequenti incursioni. 

S. Antonio del Porto

Dal 23 al 26 settembre

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