Borgo termale che sorge a 850 metri sul livello del mare ed è situato nel Vallo di Diano su uno dei monti della Maddalena.
In passato era considerato un “luogo sano” (da qui l’origine del nome) dove poter respirare aria salubre, difatti gli abitanti che vivevano nelle aeree paludose della pianura lo raggiungevano per curarsi o per scampare alle epidemie della peste.
Oggi nella splendida area termale, tante sono le sorgenti di acque oligominerali circondate da un’incontaminata natura.Tra il verde degli alberi è stato creato un percorso pedestre attrezzato che dona ai visitatori un suggestivo panorama sulla Lucania con la quale confina perché è il borgo più a oriente della regione Campania, ad un passo dalla Basilicata. Tante le chiese da visitare, sicuramente da non perdere l’Abbazia di Santa Maria di Cadossa del XI secolo e la chiesa e il convento dei frati cappuccini.
Il documento più antico pervenutoci è conservato nella Sala Diplomatica dell'Archivio cavense. Nel 1086 «Ugo de avena, una cum uxore mea emma et filio nostro ugo, donamus et offerimus [...] per nostra bona volumptate et integro animo, pro amore omnipotentis dei et salvatoris nostri iesu christi, quam et pro salute anime nostre et nostrorum parentum tria monasteria». E cioè quello di S. Giovanni di Layta, presso «castro mercurio» (Mercourion), quello di S. Nicola, «quod dicitur de padule» e il monastero «sancti simonis in loco pertinentiis de castello montesano» con tutte le loro dipendenze e pertinenze.
Di Montesano è poi notizia nel Cataogus baronum (ai nn. 557-559) in cui si legge di Testaino Buttano che possedeva in Montesano due villani e di Malascotta che, a dire di Alfano di Castellammare della Bruca (Velia), possedeva a Montesano 26 villani, «qui sunt feudus unius militis». Più numerose le notizie nel '200: a partire dalla vendita del novembre 1261 con la quale «Gaudentia de magistro Servadeo», moglie di Giacomo di «D.no Marchisio», insieme al marito cede un terreno «in loco ubi dicitur Russo» a Roberto de Archipresbitero per 10 tarì d'oro. Sono del '200 altre tre vendite a e una donazione conservate nell'Archivio cavense
Il Giustiniani assicura che Andrea del Giudice «si dice Dominus terre Agropolis et casalium» e che alla sua morte il figlio Masio fu investito del feudo di Agropoli e di quelli di «Montesano e Roccadaspro».
Nel 1580 Montesano fu incluso nel Regio Demanio. Nel 1599 l'arciprete di Montesano, D. Gerolamo La Manna, fu condannato a pagare al monastero di Monte S. Angelo di Montescaglioso la fida di parte della difesa «Terzo Soprano del Picoco», di proprietà del monastero e fittata per il pascolo delle 2400 pecore possedute dall'arciprete.
Nel 1610 l'Università vendette a Francescantonio Gervasio il feudo delli Capani, che si trovava in quel territorio, per 900 denari. Agostino Ambrosino, con il consenso del padre Giovan Battista Ambrosino, vendette il feudo di Montesano a Beatrice Capece Minutolo, moglie del consigliere Giovan Andrea di Giorgio per 50.000 denari. Nel 1628 Beatrice vendette Montesano a Fulvio Ambrosino per 52.500 denari. Nel 1636 Fulvio vendette il feudo a Tommaso Novellino per egual prezzo, il quale dichiarò di averlo comprato per il monastero di «S. Lorenzo della Padula de' Certosini». Ma il Cedolario attesta che il feudo rimase intestato alla famiglia Novellino fino alla fine del '700. Infatti, da Giacinto Novellino (m. 24 luglio 1716) il feudo passò, per successione, a Giovanna da cui al figliuolo Rinaldo Netti (30 ottobre 1771), al quale vennero pure intestate le giurisdizioni (27 settembre 1781).
Il Giustiniani l'ubica su un monte «scosceso e straripevole nel cominciare della Valle di Diano» con 4500 abitanti. Il villaggio fu decimato dalla peste: la popolazione che nel 1648 era di 2000 abitanti, tredici anni dopo la peste del 1656, e cioè nel 1669, contava appena 540 abitanti.
Come si è detto, l'abbazia di S. Maria di Grottaferrata già in età normanna possedeva alcune grancie nel territorio dell'odierno Cilento. Tra esse principalmente quella di S. Pietro al Tomusso di Montesano, dove trovarono rifugio i monaci espulsi da Rofrano dal conte Carafa di Policastro. I monaci erano ancora a Montesano nel 1210, quando il procuratore del monastero, padre Nilo Marangi, chiese alle autorità governative e poi a quelle ecclesiastiche l'assenso per la compilazione di una nuova platea dei beni dipendenti dal monastero di S. Pietro, che risultava ancora grancia della grande abbazia italo-greca di S. Maria di Grottaferrata.
Il 13 giugno e la penultima domenica di giugno
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