RODIO

Rodio. Università autonoma fino alla sua aggregazione a Pisciotta (2 km). Da Salerno 107 km.

Il borgo situato nel parco del Cilento e del Vallo di Diano, è una frazione del comune di Pisciotta a 350 metri sul livello del mare. Le prime notizie sull’esistenza di Rodio risalgono al XII secolo infatti entrando nel paese, si incontra la Cappella di S. Antonio fondata nel XV secolo.

Al centro del borgo è possibile visitare siti storici come il Santuario Diocesano di Sant'Agnello Abate che fu in principio edificato nel XV secolo dai Cavalieri di Malta dove è possibile ammirare preziose pitture ottocentesche di artisti locali.

Più decentrata invece, vi è la Cappella dedicata alla Madonna del Carmine ma senza dubbio è il Palazzo baronale della famiglia Landulfo a rappresentare il centro storico.A Rodio la festa patronale di Sant'Agnello viene organizzata tre volte all’anno, Il 31 maggio (festa votiva), l’8 agosto (festa solenne) e il 14 dicembre (festa liturgica).

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

SCORCIO DEL BORGO

VEDUTA DEL BORGO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

CHIESA DI SANT'AGNELLO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

CHIESA DI SANT'AGNELLO


L'origine del nome è stata messa in rapporto con la rosa (ròdon) e con Rodi, sede dell'Ordine gerosolimitano dei cavalieri. 

Con S. Mauro, Rodio già nel XIII secolo risulta commenda del sovrano militare Ordine di Malta, poi dipendente dal baliaggio di S. Eufemia. La notizia più antica che informa della dipendenza del villaggio dall'Ordine risale al 26 agosto 1279, quando il feudo venne fittato da fra Ugo de Salent, giovannita e priore di Capua, a Giovanni de Bono di Gaeta per un canone annuo di cento ducati d'oro, concessione che fu subito confermata (6 dicembre) da Niccolò Ruggiero, Gran Maestro dell'Ordine. Malgrado il continuo interessamento del balì di S. Eufemia, i villaggi non riuscirono a essere esentati dall'annua colletta di 24 once d'oro. Solo il 3 marzo 1464 re Ferrante d'Aragona accolse l'ultimo ricorso rimesso dal balì Sergio Seripanno, per cui i due villaggi vennero dichiarati «franchi et perpetuo exempti da qualunque solucione fiscale». In seguito, però, i villaggi furono nuovamente tassati per 112 denari e un carlino. Il balì riuscì a convenire con il fisco una tassa annua di 40 once d'oro, per tutti i feudi posseduti dall'Ordine nel Principato e in Calabria.

Nel 1564 Giovan Battista Carafa, conte di Policastro, vendette senza patto di riscatto, il villaggio di Mandia con tutti i diritti e la «sola giurisdizione delle prime e seconde cause criminali e miste di Rodio» a Giovan Battista Mottola. Sorse poi un conflitto di competenza circa l'amministrazione della giustizia di Rodio, risolto con decreto della Regia Camera della Sommaria (1571), reso esecutivo dall'Audienza di Principato Citra e notificato al Mottola. Il decreto stabiliva che quest’ultimo doveva astenersi dalla cognizione delle seconde cause civili e criminali di Rodio.

Nel 1616 i feudi di Mandia e Rodio e il feudo rustico dei Tropeani vennero venduti da Giovanni Antonio Mottola a Livio Greco per 7571 denari. Nel 1621 Giovan Nicola Greco vendette i feudi predetti per 10.300 denari a Lionora della Forza mediante una persona nominata dal marito Placido d'Afflitto. Nella seconda metà del '700 Mandia, Rodio e i feudi rustici dei Tropeani e dei Manchi appartenevano a Cosma Basile (8 marzo 1757) dal quale i feudi passarono a Francesco (24 luglio 1789). Da questo, per successione, alla sorella Brianna (23 gennaio 1791). A Brianna venne anche intestato (28 gennaio) il feudo rustico dei Manchi. A costoro apparteneva la giurisdizione criminale di Rodio.

In un manoscritto di Giovan Girolamo Basile di Rodio (1624) si legge della banda brigantesca di Giandomenico Grasso di Ascea, composta da 30 uomini; una masnada diventata famosa per la sua efferatezza. Il capobandito, ricercato dalla legge, fuggì in Calabria, dove uccise il barone di Albano. Imprigionato nella torre di Tolve riuscì a fuggire, tornando nel Cilento. Da qui fu definitivamente allontanato per l’interessamento del cavaliere di Malta fra Sebastiano Cagnolo di Rodio che lo pose al seguito del duca d'Alba.

Dalla relazione del vescovo Carafa alla SCC si apprende che nella chiesa parrocchiale e nelle cappelle di Rodio ogni anno si recitavano 687 messe, che le entrate della chiesa erano di d. 54 e che «si serve per due Preti, deduttione di legati». Le chiese di Rodio e di S. Mauro la Bruca, della Commenda dei cavalieri di Malta, dipendente dal baliaggio di S. Eufemia, erano governate da un vicario che risiedeva a S. Mauro nel monastero dell'Ordine. Nel 1726, benché ancora dipendente dal baliaggio di S. Eufemia, la chiesa fu visitata dal vescovo di Capaccio, al quale nel 1757 il balì di S. Eufemia negò il diritto di nominare il parroco, di visitare la chiesa, di approvare i confessori e ordinare i sacerdoti, asserendo che da oltre quaranta anni parroci e confessori venivano nominati e approvati dai balì e non dai vescovi di Capaccio. Il 12 marzo 1757 il vescovo di Capaccio adì il tribunale della Sacra Congregazione che, con sentenza del 2 agosto1760 accolse le ragioni di mons. Raymondi, vescovo di Capaccio. Il balì, tuttavia, sollecitato dal vicario di S. Mauro ripresentò la causa innanzi alla Congregazione dei cardinali asserendo che la chiesa di S. Mauro era stata consacrata nel 1758 da un altro vescovo e non dall'Ordinario di Capaccio, cosa che sarebbe stata impossibile se la chiesa e il casale di Rodio fossero stati sotto la giurisdizione di quest'ultimo. La Congregazione dei cardinali, però, con decreto del 15 gennaio 1761 rigettò il ricorso. Il 19 febbraio 1777 il Capo eletto di Rodio, Gaetano Dianese, e l'eletto Teodosio de Bellis attestarono (cancelliere Aniello Guglielmelli) che la chiesa di Rodio non era più sotto la giurisdizione del balì di S. Eufemia. Dichiarazione analoga fu fatta anche dal locale clero. Di questo definitivo passaggio si volle accennare persino nell'epigrafe del tumolo che nella parrocchiale di S. Maria dei Lombardi di Novi (Velia) ricorda il vescovo Raymondi.

L'Antonini scrive che «torcendo a Mezzogiorno nella stessa riva [Ascea], per lo più piena discogli e camminando tre miglia, trovasi in una valle dentro terra Rodio di ragione della Religione Gerosolimitana,o sia di Malta, e dalla lasciata Rodi, così chiamato. Producono i suoi terreni oglio in abbondanza, e castagne, e ghiande, oltre de' fichi, che secchi si possono a'migliori di quelle contrade paragonare, e degli aranci di ogni sorta, che vi sono di estrema perfezione. Nacque in questo paese Giovanni Bellia, che per i propri meriti ascritto fu fatto Vescovo».

Festa di Sant'Agnello Abate

10 agosto e 14 dicembre

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