È un comune situato nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, nell’area sud tirrenica della provincia di Salerno. Il borgo sorge su una collina di uliveti a soli 170 metri sul livello del mare con le sue frazioni, Caprioli e Marina di Pisciotta, attraenti località balneari.
Nel centro storico è interessante visitare Palazzo Marchesale Pappacoda, costruito sui resti di un antico castello del 1100 e la Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo.
In estate chi ama la temperatura più mite della collina, può godersi il panorama da una delle tante terrazze che le strutture ricettive mettono a disposizione dei visitatori e assaggiare piatti locali a base di mare e di terra.
La produzione di olio extravergine di oliva (dop) e la pesca delle alici sono tra le attività principali di Pisciotta.
Vi sono notizie diverse e a volte contrastanti sull'origine del villaggio e dello stesso toponimo. Leandro Alberti lo confonde con Pixous con origine da Velia. Il Cluverio lo descrive su un colle «deprehenditur esse Elea sive Helia seu velia». Prima notizia sicura del villaggio nel Catalogus baronum che come ho mostrato venne compilato tra il 1144 e il 1148. «Florius de Cammarota», signore di Corbella, possedeva anche il feudo «quod Niel de Pissocta de eo tenebat».
Altre notizie giungono dall’età sveva. Galvano Lancia aveva avuto da re Manfredi il principato di Salerno con il titolo di conte, il Castello di Pisciotta e beni feudali a Giffoni. Oltre questi anche il casale di S. Cecilia di Eboli che re Carlo poi restituì a Filippa, moglie di Gilberto di Fasanella, la quale aveva preso parte, con il marito, alla congiura contro Federico II e che fortunosamente era riuscita a scappare fuori del Regno.
In età angioina Pisciotta fu assegnata a Gregorio Caracciolo di Napoli. Diverse notizie nei Registri informano che il re aveva concesso a Gregorio Caracciolo di Napoli, poi baiulo della città, di trasportare dal suo feudo di Pisciotta a Napoli generi alimentari necessari alla sua famiglia. Nel 1270 il re ordinò ai baiuli e ai custodi dei passi del Principato e di Terra di Lavoro di non riscuotere il diritto di plateatico sulle vettovaglie anzidette dal Caracciolo trasportate a Napoli. Il re concesse poi l’assenso al matrimonio della figlia di Gregorio, Tommasella, con Stefano d'Anglona, al quale dovevano assistere quali testimoni, il notaio del Papa, Berardo di Napoli e Tommaso di Fasanella.
Sia il Cirelli che il Giustiniani ritengono che dopo la distruzione di Molpa ad opera dei corsari d'Africa (1464) si cercò di rinforzare il più difendibile villaggio di Pisciotta che nel '400 faceva parte dei feudi dei Sanseverino, ai quali anche Pisciotta venne avocato al fisco al tempo della congiura dei baroni. Feudo, come è noto poi restituito, ma avocato ancora quando Guglielmo Sanseverino aderì alla fazione francese, poi restituito e di nuovo avocato. Infatti il 20 marzo 1504 il re donò Pisciotta a Bernardo di Villammare «in remuneratione de suoi servitii». Il villaggio fu poi venduto nel 1515 ad Alfonso Caracciolo, cui successe (1517) il figlio Baldassarre. Nel 1530 successe il fratello Antonio, il quale nel 1536 vendette il feudo, con diritto di riscatto, a Marino Mastro Jodice che lo rivendette al magnifico Antonio Trisone, cui successe il fratello Carlo. Evidentemente costui dové cederlo ai Caracciolo se Carlo Caracciolo nel 1554 vendette i feudi di Pisciotta, Palinuro e Molpa per 17.000 ducati a Don Sancio Martinez de Leyna, capitano generale delle galee del Regno.
Trovati quasi deserti gli abitati «per la rovina patuta de' turchi», Don Sancio, per evitare o limitare altre incursioni, decise di costruire due torri, una a Palinuro e un'altra a Molpa alla foce del fiume dove «i vascelli turcheschi venivano a pigliar acqua et predare». Pisciotta era stata esentata per tre anni (27 novembre 1543) dai pagamenti sia ordinari che straordinari. Don Sancio, pertanto, chiese al viceré di consentire che le Università vicine e i mercanti che frequentavano la fiera di Salerno contribuissero alle spese. Per debiti contratti da Don Sancio i feudi vennero poi venduti (a. 1578) a Camillo Pignatelli di Monteleone, cui successe (1583) Ettore Madermo. Tali beni vennero poi ceduti ad Aurelia della Marra che nel 1602 vi rinunziò a favore del marito Cesare Pappacoda, nel senso che fece figurare che il denaro per l'acquisto fosse stato fornito dal marito. Da costui, per rinunzia, i feudi passarono ai figlio Innico (1605) che morì (22 agosto 1613) senza figli ed istituì erede il padre Cesare che, in punto di morte (1620), nominò erede l'altro figlio, Federico, al quale spettò anche il titolo di marchese, successe poi (25 gennaio 1654) il figlio Francesco Pappacoda, il quale morì il 23 agosto 1656 lasciando erede il figlio Domenico.
Con regio assenso Domenico assunse anche il nome di Troiano (Domenico Troiano Pappacoda). Per rinuncia di Violante Russo, Domenico ebbe anche il feudo di Centola. Gli successe (3 luglio 1723) il figlio Salvatore Francesco che sposò Eleonora Costanza Del Giudice. Ai titoli di marchese di Pisciotta e Prinicipe di Centola unì anche quello di duca di Giovinazzo e principe di Cellammare. Alla sua morte gli successe la figlia Giovanna cui passarono i titoli di principe di Centola, marchese di Pisciotta e i feudi di Cuccaro, Futani, Molpa e S. Serio senza titolo, con la giurisdizione criminale di Abatemarco. Ultima intestataria Giovanna sposò Giovan Carlo Doria, principe di Angri. Feudi e titoli vennero così trasmessi al loro figlio Marcantonio e da questi al figlio Giovan Carlo. In mancanza di eredi titoli e feudi passarono al secondogenito Francesco (n. 15 ottobre 1798 - m. 9 maggio 1874).
Il 10 agosto ed il 14 dicembre
L'evento si tiene a Pisciotta Marina.
ApprofondisciLATITUDINE: 40.10752419999999
LONGITUDINE: 15.234352700000045
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