Piccolo borgo del Cilento, sorge su di uno spartiacque delle valli dei fiumi Mingardo e Bussento, a nord del monte Bulgheria ed è dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'Umanità. Il paese sprigiona bellezze naturalistiche e storia difatti percorrendo il sentiero Capitenali-La Scala, ci si ritrova ad ammirare un paesaggio mozzafiato ovvero la maestosità del monte Bulgheria che guarda al mare del Golfo di Policastro. Questo percorso incorniciato dalla macchia mediterranea, è ideale per chiunque voglia rilassarsi e passeggiare con estrema serenità tra i colori che madre natura offre. Il sentiero conduce anche alla necropoli di Fistelia, in passato fiorente città lucana. Oltre ai palazzi signorili, il borgo raccoglie diverse chiese antiche degne di nota. Da visitare anche l’antiquarium, un museo che custodisce numerosi reperti archeologici lucani che risalgono al IV e al III secolo a.C.
Nel 1971 M. Napoli, nel riferire a Taranto sulla viabilità antica del territorio, diceva di Roccagloriosa nella Valle del Mingardo. Della presenza di un abitato antico nel luogo già aveva scritto il Corcia.
Nel 1964 J. de La Geniere, nelle sue ricerche di antichi abitati nella Lucania, vide su un'altura del luogo un probabile centro di controllo delle vie che, attraverso Castel Ruggiero, s'inoltravano verso Sanza e il Vallo di Diano. I primi saggi di scavo di M. Napoli individuarono un importante centro sulla parte più alta del colle, chiuso da «una robusta cinta difensiva» con resti di torri quadrate (IV secolo). Oltre questa fu scoperta una seconda cinta muraria, per cui si suppone la probabile presenza, in quel luogo, di nuclei «il primo con carattere difensivo, il secondo abitativo». Pertanto, M. Napoli concludeva col dire che il materiale sbarcato a Pixus veniva inoltrato a Roccagloriosa dove avvenivano vendite, permute e scambi con le popolazioni dell’interno. Diradata la boscaglia si poté seguire un muro di cinta per circa 500 metri, lungo il crinale tra i due pianori dove erano affiorati i resti archeologici. Muro con caratteri del IV sec. a.C. (ceramica a vernice nera, una moneta di Velia che assicura scambi con la città tirrenica). Vennero pure rinvenuti frammenti d'impasto che il Gualtieri suppose potessero risalire alla prima Età del Ferro. Scavi successivi, che hanno portato alla luce alcune tombe, hanno permesso di constatare l'esistenza di un notevole nucleo lucano. Mancano altre sicure notizie del luogo, eccetto le tradizioni, tra cui quella riportata anche dal Giustiniani e cioè che il villaggio aggiunse al nome della sua posizione topografica (Rocca) l’aggettivo “Gloriosa”, da un'antica immagine della Vergine conservata nella chiesa del castello.
Il Giustiniani afferma che ai suoi tempi (1800) il paese era ancora cinto da ruderi di mura con le sue porte e che casali di Roccagloriosa erano Rocchetta, Acquaveva o Acqualavena (toponimo da sorgente) e Celle (dal 1812 capoluogo di Comune, v. Celle di Bulgheria). Il Giustiniani assicura ancora che nel IX secolo il primo monastero del luogo era di monache cisterciensi dal titolo di S. Mercurio. Di ciò manca ogni notizia. Solo il Laudisio, a proposito del vescovo Arnaldo (1110), scrive che il presule concesse a Manso, conte di Roccagloriosa e di Padula e figlio del conte Leone, di unire il monastero di S. Veneranda all'altro femminile di S. Mercurio, perché la figlia Altruda aveva in quest'ultimo pronunciato i suoi voti.
Notizie sicure sono invece nel Catalogus baronum che segnala almeno 11 cavalieri dal predicato di Roccagloriosa. Vi sono poi alcuni documenti cavensi che riguardano Roccagloriosa e cioè sei vendite e una permuta nel periodo 1257-1375. Dell'età sveva ci è pervenuto l'elenco dei villaggi tenuti alla manutenzione del «castrum Rocce de Gloriosa».
Maggiori notizie ci sono pervenute dell'età angioina, a partire dal 1269, quando Ruggiero di Apolla (Polla) venne nominato castellano di Roccagloriosa. Nello stesso anno re Carlo concesse Roccagloriosa a Enrico Fornerio de Moliers, cui successe Onorato, il quale, oltre ad avere la «provisio» sulla concessione di Roccagloriosa, restituì poi alla Curia Regia (demanio) il feudo donatogli dal re in cambio del castello di Spigno (giustizieriato di Terra di Lavoro e Molise) per sé e per i suoi discendenti. Da ciò l'ordine reale di revoca della concessione del castello di Roccagloriosa a Onorato Fornerio de Moliers. A quel periodo è forse da ascrivere la ribellione del villaggio. A sedarla il re inviò, quali capitani, Matteo di Fasanella e Anfuso de Vinay ordinando al giustiziere di Principato di fornire ogni aiuto ai predetti cavalieri nel compimento del loro mandato. Della provisione «pro hominibus castri Rocce de Gloriose pro regio Demanio», non sappiamo se venne disposta prima o dopo la jaquerie, di cui ci sono ignote le cause. A seguito di un esposto, poi, il re ordinò al giustiziere di Basilicata di immettere «in corporalem possessionem» Giacomo del fu Riccardo de Fiolo, spogliato ai tempi di re Manfredi della metà di Rocca Gloriosa e della terza parte di rito che re Carlo gli aveva poi restituito e che aveva «tenuti pacifice» sebbene poi pare ne venisse insidiato nel possesso. Nel 1271 il re ordinava che i vassalli di Roccagloriosa prestassero ubbidienza al milite Fornerio (o Forrerio).
Si legge nel Liber donationum della concessione a Franco de Guaysmali e suoi eredi del castello di Spina, concesso a Onorato di Moliers in cambio di quello di Roccagloriosa e di altri feudi. Roccagloriosa fu poi concessa a «Herberto de Aureliano (Erberto d'Orleans) conceduntur Rocca Gloriosa et Sansa», il quale aveva rinunziato ad alcuni feudi nel giustizieriato di Val di Crati e Terra Giordana.
Più numerosi i riferimenti dal 1290, quando Rocca Gloriosa aveva subito e subiva non pochi danni dalla guerra angioino-aragonese. Il 20 settembre 1290 Roberto d'Artois, considerando che, «fidei et devotionis constantiam, quam homines Rocce de Gloriosa», hanno sempre serbato per la Casa regnante e visti i gravi danni subiti nelle proprietà e nelle persone, li esonera per sette anni da tutte le imposte, compresi i residui. Intanto il re doveva aver concesso il feudo di Roccagloriosa a Giovanni Mansella, capitano a guerra nel Principato, se poi gli scrive (12 dicembre 1290) che, pur apprezzando la sua opera, i fatti non sempre l'hanno giustificata, come nel caso della scelta del castellano di Roccagloriosa.
Il 18 dicembre 1290 Carlo Martello e il suo tutore conte Roberto d'Artois scrissero che, in considerazione dei danni sofferti, gli abitanti di Roccagloriosa erano liberi di acquistare e vendere, durante la fase bellica ogni utensile che credevano nel territorio di Policastro senza pagare le relative tasse alla Curia.
Il 5 novembre 1292 il re informa il figlio Carlo di aver concesso a Giovanni di Mansella di Salerno, e ai suoi eredi, il castello di Roccagloriosa con l'obbligo del pagamento di 50 once d'oro annue, accogliendo la sua rinuncia ai castelli di Fontana in Terra di Lavoro e di S. Lauro de Stricta (Castel S. Lorenzo) nel Principato.
Nel 1305 era signore di Roccagloriosa, Montecalvo e Buonalbergo Matteo Mansella. Ci è pervenuta pure una notizia dell’età aragonese. Roccagloriosa era posseduta dai Sanseverino quando nel 1475 Guglielmo di Sanseverino, signore di Rocca, ottenne da Sisto IV di poter riedificare il monastero entro le mura.
Nel 1501 re Alfonso II vendette il feudo a Giovan B. Carafa, conte di Policastro. Dopo l’incursione di Dragut rais del 12 luglio 1552, Roccagloriosa aveva subito «maximum incendium et ruinam» con oltre 100 abitanti uccisi o deportati come schiavi, il villaggio venne perciò esentato dai pagamenti fiscali per 3 anni. Ad istanza dei creditori del Carafa il feudo venne messo all'asta. L'acquistò per d. 11.450 Giovanni Antonio Lanario il 25 maggio 1576. Nel 1579 i Carafa, evidentemente rientrati in possesso del feudo, vendettero Roccagloriosa a Pompeo Capece, dal quale l'acquistò Matteo d'Afflitto per d. 12.300. Nel 1618 Roccagloriosa contava 1566 abitanti.
Le chiese di S. Giacomo (era dove ora sorge il cimitero) e di S. Giovanni in Fonte (attuale parrocchiale) pare siano appartenute all'Ordine di Malta.
VERITÀ O LEGGENDA POPOLARE?
Nel recarmi a Roccagloriosa per il servizio fotografico, insieme al mio amico fedele Carmine Serra, una donna del luogo molto anziana, ci raccontava una storia sulle origini del grande Totò che riporto fedelmente: “La madre di Totò era di Roccagloriosa: si trattava di una cameriera dalla cui relazione con il marchese De Curtis, nacque il principe della risata. La madre di Antonio De Curtis si chiamava in realtà Maria Marotta. Subito dopo la nascita, la piccola Maria sarebbe cresciuta nel palazzo della famiglia De Curtis, a Roccagloriosa, dove avrebbe ricoperto per anni l'incarico di cameriera del marchese. Il grande Totò sarebbe il frutto dell'unione, rimasta sempre segreta, tra il marchese e Maria Marotta”.
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