Frazione collinare del comune di Ascea, immersa tra ulivi secolari e castagneti. Il suo nome pare derivi dal romano Catone l’Uticense che in questa zona aveva fatto costruire una villa attorno alla quale si sarebbe sviluppato il borgo. Catona gode di una stupenda vista panoramica di tutta la Piana e del Golfo di Velia.
Interessante il Santuario della Madonna del Carmine, la cui prima notizia storica risale alla visita pastorale di Giuseppe Valletta del 1735 che ne conferma la realizzazione per devozione degli abitanti di Catona.
Abbiamo poi la chiesa di San Nicola e i vicoli del centro storico che conserva intatta la struttura urbanistica medioevale. Molto suggestiva e caratteristica è la festa in onore della Madonna del Carmelo a luglio.
L'Antonini, seguito dal Corcia, accoglie la tradizione che Catone Uticense avesse avuto una villa nel luogo. Il Giustiniani, con sottile umorismo, la rifiuta, come pure il Racioppi il quale insiste nel derivare il toponimo da koiton (dove erano letti per dormire che nel Medioevo, egli afferma, erano diventati magazzini).
L'Antonini pone il villaggio tra i castagneti di una collina in una località dalle «acque freddissime e buone». Continua poi dicendo che «era costantissima general fama in quei contorni, che abbia suo nome avuto dal famoso Catone Uticense, che qui sua Villa tenea». A conferma cita il brano di Plutarco che, nella Vita di Catone Uticense segnala le «villas satis amoenas» possedute «in Lucaniam» e fa riferimento ai reperti di «antichi grandi vestigi di fabbriche, che non potevano essere, che di uomo di conto».
In una annotazione del 1508 al censimento del 1489 più volte citato, si legge che 1a famiglia di «Loyse Aurichio», con moglie e quattro figli, si era trasferita «ab anni 12» a Catona da «La Rocha» (Cilento).
Il Giustiniani, oltre a dire dei 500 agricoltori e pastori che ai suoi tempi abitavano il villaggio ricorda Francesco Sanseverino, conte di Lauria, duca di Scalea, barone di Cuccaro e signore di Castellammare della Bruca (Velia). Il conte Sanseverino donò 1o «stato» di Castellammare della Bruca, comprendente i casali di «Scia [Ascea], Catona e Terradura seu Bruca» alla chiesa dell'Annunziata di Napoli. Dopo il clamoroso fallimento della Santa Casa, lo «stato», che comprendeva anche «Vallo di Novi alias Corinoti» fu venduto, secondo il Cedolario, dai creditori della Santa Casa a Giuseppe Maresca per 87.450 ducati. Da Giuseppe il feudo passò a Stefano (m. 16 marzo 176l) e da costui a Giuseppe che lo refutò a favore del fratello il 6 febbraio 1789.
Il Giustiniani riferisce sui dati di censimento: Catona dal 1532 al 1593 era numerata con Castellammare della Bruca, ma nel 1648 aveva 32 fuochi (ab. 160). Mancano i dati di censimento del 1669, per cui è da supporre che il villaggio, decimato dalla peste, fosse stato temporaneamente abbandonato.
LATITUDINE: 40.14851300000001
LONGITUDINE: 15.23666819999994
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