Prima notizia è in un diploma dell'ottobre 1113, con il quale Troisio junior di Sanseverino, rappresentato dal genero Erberto, donò al priore cavense Gaideleto, rappresentante dell'abate Pietro da Salerno, alcune famiglie vassalle che vivevano a S. Mauro e villaggi vicini. Tra esse vi erano 24 famiglie «in casali de monte coraci et in zoppis». Della donazione dei suddetti vassalli è conferma in un successivo diploma, stipulato nella Badia, atto a chiarire la precedente donazione. In esso, Troisio aggiunse, com'era consuetudine nelle conferme, la donazione della chiesa dei martiri Ermolao e S. Pantaleone. Nella donazione, però, non è cenno di offerta di casali, ma solo di alcuni homines, cioè di alcune famiglie che vivevano nei casali, forse anche non tutte dato che di qualche villaggio ne sono elencate solo poche. Pertanto, non si può concludere, come fanno il Ventimiglia e il Guillaume, che il villaggio fosse stato sotto il dominio temporale della Badia. Anzi, il Guillaume assicura che tale dominio era stato perduto dalla Badia nel 1410, e cioè quando la baronia benedettina passò a re Ladislao. Diversamente il Ventimiglia, il quale afferma che tale dominio venne perduto nel XIII secolo.
Nel 1276 il casale di «li Zoppi» era tra quelli che vennero restituiti alla famiglia Sanseverino. Orbene, trattandosi di restituzione, è da ammettere una precedente continuità di possesso, a cominciare dal primo Troisio, signore della baronia di Cilento. Comunque è certo che la Badia possedesse ivi dei terreni. Da un altro documento del 1499, esistente nell'Archivio cavense che dice del «casale Zopporum et Fornilloru», il Ventimiglia arguisce che a un certo momento i due villaggi fossero uniti.
Dopo la dissoluzione della baronia di Cilento, il villaggio era in possesso di Antonio Poderico che acquistò il casale per d. 690. Il Poderico lo vendette a Tiberio Calcagno, dal quale passò al figlio Cesare (a. 1576) che chiese l’investitura anche di Cosentini e di Montanari. Da questo passò alla figliuola Agnesina (a. 1590) che sposò Pietro Comite, la quale vendette Montanari a Giovan Giacomo Santoro e Cosentino a Camillo Pandulli, riservandosi il feudo di Zoppi. Deceduta Agnese, il marito, nella sua qualità di amministratore dei beni del minore Francesco Maria, alienò Zoppi (a. 1598) a favore di Nicolantonio del Pezzo per d. 4250. La vedova del Pezzo, Vittoria Pagano, vendette Zoppi (a. 1602) a Vittoria Montella al prezzo di d. 4210. A costei successe il figlio Giovan Maria Pagano (1623), il quale alienò il feudo (d. 5526) a favore di Ferrante del Pezzo, il quale lo cedette ad Antonio del Tufo nel 1620.
Nel 1657 e 1664, con Ortodonico, il feudo era in possesso di Carlo Gualtiero, dal quale passò al figlio Giovanni che lo possedeva nel 1675. Per debiti contratti dal figlio di costui, Carlo, il feudo venne messo all’asta. Lo acquistò Giuseppe Lamagna che nell'anno seguente vendette Zoppi al capitano Biagio Antonio Genovese, il quale lo rivendette a Nicola d’Amato nel 1718. Costui lo vendette poi a Tommaso Campanino, dal quale passò al primogenito Donato e da questo a Biagio (m. 2 Ottobre 1752) che possedeva alcune giurisdizioni su San Giovanni di Zoppi passate poi al figlio Tommaso (m. 6 dicembre 1792) e da questo al fratello Gerolamo (1 luglio 1793). Ai primi dell'800 il feudo era ancora in possesso della famiglia Campanino di Campagna.
Il Giustiniani assicura che il villaggio di Zoppi o li Zoppi era anche denominato San Giovanni di Celsito. Egli ubica il villaggio a 40 miglia da Salerno.
Anche del «casalis Zopporum» abbiamo i censimenti del 1489 (fuochi 23: ma ab. 164) e del 1508 (fuochi 27: ab. 106).
LATITUDINE: 40.2490053
LONGITUDINE: 14.998398299999963
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