SERRAMEZZANA

Serramediana, Serra medina, Serramediana, Serramezzana. Università autonoma fino alla sua elevazione (8 agosto 1806) a capoluogo di Comune. Da Salerno 77 km.

E' uno dei borghi più piccoli del Cilento con le sue due frazioni, Teodoro Cilento e Capograssi. E' un luogo ideale per chi vuole godersi la tranquillità e al contempo in estate raggiungere in breve tempo mete balneari dalle splendide spiagge e mare cristallino come ad esempio Acciaroli, Pioppi e Castellabate.

Nel cuore del paese la vita scorre lenta e come da tradizione, si svolgono attività orientate alla produzione di prodotti tipici, quali fichi, vino e olio. I famosi cesti cilentani sono da sempre rigorosamente intrecciati a mano dai contadini locali. 

Le origini del borgo sono molto antiche e risalirebbero alla fine dell’anno 1000, così come testimoniano le abitazioni e i vicoli stretti del centro storico, la Chiesa di San Nicola e il cimitero di matrice bizantina nella frazione di Capograssi. Incantevole è anche il Palazzo Materazzi, antica dimora di baroni risalente al ‘700.

VEDUTA DEL BORGO

VEDUTA DEL BORGO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

PALAZZO MATERAZZI

PALAZZO MATERAZZI

PALAZZO MATERAZZI

CHIESA DI SAN FILIPPO

CHIESA DI SAN FILIPPO


 Prima notizia della «ecclesiam vocabulum s. nicolai, que constructa est ubi serramediana dicitu» è nel diploma del principe Gisulfo II del maggio 1072. Con esso il principe donò al suo confessore e ambasciatore («spiritualis patris et oratoris sui»), abate cavense Leone (il secondo santo abate cavense) la chiesa anzidetta con tutte le sue dipendenze «cum omnibus stabilitus, in quibus ipsa ecclesia constructa est et eidem ecclesie pertinentes sunt». Va segnalato che in quel periodo l'autorità del principe nel territorio era relativa; nel verbale del processo celebrato nell'arcivescovado di Salerno nel 1083, alla presenza «domne nostre Sighelgaite gloriose ducisse», vicaria del marito Roberto il Guiscardo, non è cenno della donazione di Gisulfo. Vi sono elencati, però, «homines sancti nikolai», evidentemente dipendenti dal cenobio di Serramezzana. Né è notizia del cenobio nell'atto di concordia del 1084 tra la Curia ducale, rappresentata ancora dalla duchessa Sighelgaita, e l'abate cavense. Comunque, nel 1073 il monastero cavense non doveva averne ancora preso possesso se in un documento del giugno di quell'anno non è cenno della sua dipendenza dal monastero di Cava, come in tutti i documenti successivi. Con esso l'igumeno Fasano del monastero di San Nicola di Serramezzana «una cum ipsi monachis eidem monasterio honorati et cum advocatorem eidem monasterio» con un suo memoratorio stilato da «landus presbiter et notarius» concesse a Pietro, figlio di Domenico, «rebus prephati monasterio» tenute da un certo Martuno e dal figlio presbitero Stefano e altri, per «terratico et de vino ad palmentum tertiam pars».

Una conferma dei beni posseduti nel territorio dalla Badia è nel diploma rilasciato dal duca Ruggiero nel 1086 e nella bolla di Urbano II del 1089. La chiesa è menzionata con altre nelle bolle di altri pontefici e dell’omonimo torrente è notizia in due permute del 1165 e in una donazione del 1164. Con questa, Nicola, figlio del fu Giovanni, con figli e nipoti, tutti «habitantes in loco ubi dicitur serramediana pro re medium anime eorum», concessero al governatore del castello di Sant'Angelo di Castellabate, e per esso alla Badia, il diritto di prelevare, attraverso la loro proprietà sita a Fiumicello, l'acqua che scendeva da Serramezzana, con il diritto di accesso al portacqua da costruirvi. Con la prima permuta il sacerdote Guglielmo, cappellano di San Nicola di Fiumicello, con i tutori e rettori dell'anzidetta chiesa, permutarono, con il governatore del castello suddetto, una terra di quella chiesa posseduta a Fiumicello con un'altra terra con vigna che la Badia possedeva a Serramezzana.

Dai Registri dell'abate Maynerio altre notizie (1350-1352), ma Serramezzana era ancora casale soggetto alla Badia se nel 1382 gli abitanti giurarono fedeltà all'abate Antonio. Il Guillaume  assicura che il villaggio era sotto il dominio temporale dell'Abbazia fino al 1410.
Il feudo passò alla Regia Curia nel 1410, poi alla famiglia Sanseverino e di nuovo al fisco per la ribellione di Roberto.

La Regia Corte lo vendette, con il casale di Capograssi, alla locale famiglia Capograsso. Dopo la morte di Giacomo Capograsso, Ferrante Sanseverino investì (a. 1520) del feudo il figliuolo del feudatario, Lodovico, dal quale passò al nipote Giacomo. A seguito della definitiva avocazione al fisco dei beni dei Sanseverino, la Regia Corte invitò i Capograsso a esibire la documentazione relativa alla concessione che non fu possibile provare. Sicché Serramezzana e Capograssi vennero posti in vendita e nel 1574 aggiudicati al magnifico Nardo Luca Frezza. Da costui i feudi passarono a Gian Ferrante Piccolomini, da questi al figlio Cesare Silvino, il quale nel 1580 li alienò a favore di Albertina Marzio, costei dopo poco li vendette a Scipione Cecere. Passarono poi a Vincenzo Corcione, da lui al figlio Rinaldo, signore di San Mauro, Cannicchio, Serramezzana, Capograssi e Fornelli. Costui vendette questi ultimi tre feudi al dott. Giustino Valletta di Novi, il quale, a sua volta, vendette Serramezzana, Capograssi e Fornelli a Fabio Bologna. Alla morte di costui (13 agosto 1623), i feudi passarono alla figlia Dorotea che nel 1624 li vendette, con un'altra località, per d. 550 a Tommaso de Franchis. Costui nello stesso anno vendette Serramezzana e «focolari di Fornilli» a Nicola Antonio de Nicolellis per d. 2100.

 Nel 1630 il de Nicolellis vendette Serramezzana a Fabio Caracciolo, conte di Picerno per d. 2500. Nel 1694 un discendente, Francesco Caracciolo, marchese di Maccagodena, diede Serramezzana a Giacomo e Lorenzo de Franchis, eredi di Tommaso, i quali nello stesso anno vendettero il feudo per d. 5500 a Giuseppe Matarazzo. Si legge nel Cedolario (dal quale si apprende che il feudo è considerato di poco valore) che alla morte di costui (3 febbraio 1759) il feudo passò al figlio Alessandro (m. 7 agosto 1775) al quale successe Francesco (m. 28 luglio 1779) e poi Alessandro che ne ebbe l’ultima intestazione il 26 settembre 1782.

Il Giustiniani ubica il villaggio a 45 miglia da Salerno, abitato da pochi agricoltori (produzione di olio, vino e frutta).

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