FINOCCHITO

Fineclito, Finucclito, Fenuclito, Fonichjto, Fenochito, Finoclito, Finocchito (foeniculum, finocchio). Abitanti detti «fenuclensi» in un documento del 1157. Università autonoma fino alla sua aggregazione a Ogliastro (3 km). Da Salerno 57 km.

Frazione del comune di Ogliastro,  borgo di origini medioevali circondato da uliveti.
Un posto tranquillo e salubre che in estate si anima di feste religiose suggestive e caratteristiche e di eventi gastronomici grazie ai quali poter assaporare molti piatti della tradizione locale.

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

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SCORCIO DEL CENTRO STORICO

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CHIESA DI SAN NAZARIO

VEDUTA DEL BORGO


 La prima notizia del villaggio (Fineclito) si trova in una donazione  del 1078-1079, con la quale Lando, «filius quedam russimandus», prima di vestire I'abito monastico («cupio induere vestem sanctimonialem michi, et prius volo») donò ciò che gli era pervenuto dall’eredità paterna alla chiesa e al monastero di S. Fabiano, «qui situm est subtus locum nucilla», e cioè Casacastra, villaggio scomparso, come Finocchito. Alla chiesa e al monastero, rappresentati dall'abate Romoaldo e dall’avvocato Lando, il donante affermava di donare tutto ciò che possedeva «in ceriniana et undecumque [...] per finis et locora lucania pertinens est», ma anche «ille rebus nostre intus illo precepto de fineclito».
Nell'aprile del 1103, Giovanni, figlio del fu Bertari, e la moglie Rolegrima, figlia del fu Grimoaldo, «de loco finucclito, pertinentia cilenti», e cioè del distretto di Cilento, dichiararono di possedere terre «in ipso loco finucclito», a Capaccio, S. Gregorio, Eredita, Pastina e in altri luoghi del distretto. Tutti questi beni i predetti donavano, «pro salute nostra et redemptione animarum nostrarum», al monastero di S. Fabiano «quod situm est in pertinentia ipsius cilenti» e propriamente, come si è detto, a Casacastra. La donazione fu redatta «intra castellum quod Agropoli dicitur». In un altro documento, pure redatto ad Agropoli nel gennaio 1144, è notizia, tra le personalità presenti all'atto, anche di Dauferio «de finocchito».
È da presumere che un cavaliere, forse normanno, per servizi resi al conte Nicola del Principato, fosse stato investito del feudo di quel villaggio da cui trasse il nome. In una vertenza pure del 1144, è notizia di un abitante «de fenucliti». In un altro documento del 1157 è notizia di «petrus fenucclensis» che viene prescelto come fìdejussore in una donazione.
Si rileva da una supplica  a re Ferrante d'Aragona che il feudo di Finocchito già in età angioina era in possesso della famiglia Gagliardi di Cava dei Tirreni. Dietro vive premure di Roberto Sanseverino, principe di Salerno, Giovanni d'Angiò, luogotenente del padre Renato, erede della corona di Napoli, l'avocò donandolo a un «fedele» del principe, il cavaliere Roberto di Prignano che lo trasmise al figlio Gaspare. Costui, per aver preso parte alla coalizione dei baroni contro re Ferdinando, ebbe avocati i beni, tra cui Finocchito. Ne approfittò Nicola Antonio Gagliardi per chiedere a re Ferdinando di reintegrarlo nel feudo avito, concesso l'11 marzo. A istanza dei creditori di costui, il feudo venne espropriato dal Sacro Regio Consiglio, ma intervenne il re, il quale, a ringraziare un fedele della sua segreteria, Vito Pisanello, che aveva sposato Raimondina, figliuola di Nicola Antonio Gagliardi, donò loro Finocchito. I fratelli di Raimondina si opposero per una vertenza sanata poi con una transazione e che assegnò definitivamente il feudo ai Pisanello.
Da Vito, il feudo passò al figlio Andrea e da questo (n. 1574) al nipote Marzio. Costui vendette il feudo a Giacomo de Concilio, il quale lo trasmise (a. 1594) al figlio Decio che nel 1608 lo alienò a favore di Vittoria de Concilio per 370 denari. Questa trasmise il feudo (22 dicembre 1630) alla figliuola Camilla la quale lo portò in dote alla famiglia Riccio.

Finocchito passò poi alla famiglia Salati di Gioi e, successivamente, ai Cipriani che lo possedettero fino al 5 ottobre 1691 quando Tommaso Cipriani lo vendette a Gaetano Perrotti. La vendita, però, venne revocata per infermità mentale del Cipriani, i cui curatori, rientrati in possesso del feudo, lo vendettero a Giuseppe de Clario (a. 1699). Da Giuseppe de Clario (m. 7 luglio 1797) il feudo passò al nipote Saverio (m. 15 luglio 1786), e da questi (22 marzo i1787) al figlio Francesco Antonio.
Si legge ancora nel Cedolario che da quest'ultimo (n. 1723 - m. 2 novembre 1797) e dalla moglie Giuditta Donnorso nacque il successore Francesco Saverio (n. 1748 - m. 15 novembre 1816) che, quale patrizio salernitano, fu ascritto al Registro delle Piazze Chiuse. Francesco Saverio, dalla moglie Vincenza Mastrilli dei marchesi di Livardi, ebbe Michele (n. 1802 - m. 20 dicembre 1855). Da questo, che aveva sposato Giovanna Ravaschieri Fieschi, dei duchi di Roccapiemonte, nacque Francesco Saverio (n. 18 dicembre 1826 - m. 11 novembre 1901) che sposò Chiara Granito dei principi di Belmonte. Da costoro, Giovanni (n. 11 febbraio 1861).
Dai censimenti del 1489 (fuochi 46 ma ab. 197) e del 1508 (fuochi 28: ab. 140) del «casalis Fonichyto» 13 si rileva, oltre all’incidenza della mortalità operata dalla peste del 1501 (57 morti), il costume del tempo di sposarsi lasciando la sposa nella casa paterna ad evitare il costituirsi subito di un nuovo fuoco con le tasse relative, oppure per l’impossibilità di trovare un'abitazione.
Il Giustiniani ubica l'abitato su un colle a 30 miglia da Salerno e segnala la produzione locale di vini e olio.

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