TORCHIARA

Trocclara, Torcleara, Torchiaria, Torchiara. Università autonoma fino alla sua elevazione a capoluogo di Comune (6 agosto 1806). Da Salerno 60 km.

 

VEDUTA DEL BORGO

SCORCIO DEL BORGO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

PALAZZO PAVONE

PALAZZO PAVONE

CHIESA DEL SALVATORE

CHIESA DEL SALVATORE


 Il Ventimiglia crede che il toponimo Trocclara, di cui nel terzo inserto dell'atto di concordia (a.1100) tra il vescovo Alfano di Paestum e l'abate Pietro da Salerno, derivi da una locale torre («Quasi Turris clara, chiara cioè per le sue Torri»). II Ventimiglia ha perfettamente ragione, però, quando ubica a Torchiara la chiesa del Salvatore, di cui è cenno nell’anzidetto diploma. Un castrum, dunque, quello di Torchiara, di cui però non vi è altra notizia.

Del toponimo è cenno pure nell’autentica (a. 1118) di un documento contenente un «preceptum» di Guaimario IV e del coreggente figliuolo Guaimario, con il quale i principi concessero a dieci capofamiglia del luogo («fidelibus nostris») la chiesa di S. Lucia con tutte le sue pertinenze, con il patto che essi avrebbero dovuto fornire allo Stato le identiche prestazioni cui erano tenuti i capifamiglia di Lustra e Torchiara. Concessione importante perché i principi, oltre le vigne e gli incolti, assegnarono in proprietà ai loro «fedeli», e cioè a famiglie longobarde, anche celle, case e soprattutto tre mulini, di cui è inutile sottolineare il grande valore economico in quei tempi. Non è meno importante la notizia che i capifamiglia di cui sopra erano tenuti a fornire allo stato tutte le prestazioni cui erano tenuti i longobardi nel caso di chiamata per heribanno (oneroso servizio militare con l'obbligo di armarsi e sostenersi). Da quanto sopra ancora un’altra notizia, e cioè che sia a Lustra che a Torchiara vi erano altre famiglie longobarde.

Con la forma «Torcleara» troviamo il toponimo nell’elenco dei villaggi restituiti da re Carlo I ai Sanseverino nel 1276. Questi conservarono il feudo fino al 1535, quando Ferrante Sanseverino, dovendo assoldare uomini per prendere parte alla spedizione indetta da Carlo V contro Tunisi, alienò i feudi di Torchiara, Copersito e Rutino (d. 5500) a favore di Francesco de Ruggiero di Salerno. Il principe concesse all'acquirente il diritto di avvalersi del privilegio a lui concesso l'8 maggio 1535, e cioè di giudicare i reati commessi dai propri vassalli anche nei territori delle baronie di Cilento, Castellabate e Agropoli.

Da Francesco de Ruggjero il feudo passò (a. 1538) al figlio Gian Lorenzo e da questo al nipote Matteo. Da costui passò poi (a. 1552) al figliuolo Aniello Francesco che vendette (d. 11.000) nel 1598 Torchiara e Copersito a Marfisia del Vecchio, moglie di Alessandro de Conciliis.

Verso la metà del '600 Prignano, con Torchiara, Copersito, Melito e Puglisi erano in possesso di Lorenzo Bonito.
 
F. A. Ventimiglia, nel suo inedito manoscritto Cilento illustrato segnala che il 31 maggio 1563 i Turchi si spinsero fin sotto Torchiara cingendola di assedio, il che implicherebbe che il villaggio fosse cinto di mura. Continua il Ventimiglia affermando che il villaggio fu salvato dagli abitanti di Rutino, Laureana e Rocca di Cilento che misero in fuga gli assedianti costringendoli a imbarcarsi.
 
Non sappiamo nemmeno quando il feudo passò alla famiglia Romano. Nel 1634 Torchiara era in possesso di Giuseppe Romano che denunziò la morte dell’avo. Nel 1684 il feudo era in possesso di Francesco di Conciliis. Nel 1698 il marchese di Rocca ottenne dalla Corte baronale di Torchiara il sequestro delle rendite di Santa Maria di Erchie, per cui la scomunica, il processo e la relativa assoluzione. Nella seconda metà del '700 il feudo era ancora in possesso della famiglia de Conciliis. Da Francesco (m. 21 aprile 1755) per successione passò, il 18 settembre 1755, a Salvatore. Ancora ai primi dell'800 il feudo era posseduto da questa famiglia con titolo di baronia.

Il Giustiniani pone il villaggio su un colle a 32 miglia da Salerno. L'Antonini aveva già scritto che a un miglio a occidente «in faccia di un'amena collina vedeansi moltissimi pini» dai quali si aveva la pece.

Anche del «casalis Torchiaria» è notizia nella numerazione del 1489 (fuochi 91: ma ab. 495) e del 1508 (fuochi 64: ab. 320).

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