Piccolo comune montano che sorge nell’alto Calore, rientrante del Parco Nazionale del Cilento.
Le prime notizie dell’abitato risalgono al 1000, mentre la data ufficiale della nascita è del 1131.
In passato Campora ha svolto un’importante funzione di controllo sulla via di transito da Vallo della Lucania al Vallo di Diano.
Il paese conserva ancora testimonianze delle sue origini medioevali, di interesse storico- religioso sono la parrocchiale di San Nicola e l’antica Cappella della Madonna della Neve.
Rappresenta una meta preziosa per escursionisti e cercatori di funghi, presenti in grandi quantità negli estesi boschi di faggio e quercia, tipici della zona.
I camporesi si dedicano ancora oggi all’agricoltura, in particolare alla coltivazione dell’ulivo. Campora vanta molti piatti tipici tra cui i cicci maritati, una zuppa con 9 tipi diversi di legumi che si prepara a maggio per tenere lontano gli insetti; i fusilli e il coniglio mbuttunato, gli struffoli camporesi e la tiella, una torta salata molto farcita che solitamente si prepara in occasione delle feste pasquali.
Ad aprile si organizza la gara di tiro al prosciutto, una manifestazione davvero molto caratteristica
L'esistenza del monastero di S. Giorgio di Campora, di sicura fondazione italo-greca, consente di presumere con sufficiente certezza che il villaggio sia sorto tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo, nel periodo di maggior affluenza nel territorio di quei monaci.
Prime notizie sicure del villaggio si leggono nel diploma I, ABC, I B, febbraio a. 1175, VIII alla cui stesura era presente Troisio di Campora, già camerario del re. In un documento del 1269, quando re Carlo I concesse «castrum Campore» a «Matheo de Alena», concessione confermata nel 1221con successiva provvisione per la delimitazione dei confini di Campora e di Sicignano.
A causa dell’occultamento di 11 fuochi, fu ordinato all’Università di rimettere al fisco un'oncia e 15 tarì. Re Carlo concesse poi a Simone du Bois «castrum Campore», ordinando il 13 marzo 1274 a Sergio Pinto, maestro procuratore del principato, d'immettere il predetto Simone di Bosco nel corporale possesso del castello di Campora e dei beni burgensatici siti in vari punti di Salerno e dintorni, già concessi a Matteo d'Alena e da costui restituiti alla curia (pro excambio).
Nei Registri è notizia pure della confisca a Tommaso Aimone d'Aquino di alcune terre, tra cui «tertiam parte castri Campore» da assegnare a Giovanni di Pando, portolano di Terra di Lavoro e d’Abruzzo «cum omnibus iuribus et pertinentiis suis». Inoltre vi è menzione dell'ordine di consentire al milite Gualtiero di Podio il pacifico possesso della chiesa di S. Eleuterio di Campora, di cui era patrono. In un altro Registro è notizia della concessione al giudice della Magna curia Giacomo di Falcone, milite e genero di Gualtiero di Podio, dei castelli di Cuccaro e di Campora. In un altro documento è contenuto l'ordine con cui si stabiliva che il milite Simone de Raymo era costretto a restituire i villaggi di Panderano e Campora assegnati poi a Tommaso, comestabile di Venafro.
Un ordine del re nel 1282 stabiliva che Pietro Piletto, stratigoto di Salerno e vicario del Principato, avrebbe restituito a Giovanni Bosco i beni già di proprietà dei felloni Pietro Pinto, Guglielmo Greco e Giovanni da Procida, concessi «mortuo predicto patre suo» e fargli prestare il consueto giuramento «ab hominibus castri Campore». Giovanni Bosco «se dicit legitimurn filium et erede» di suo padre, di essere «etate maiorem», di vivere «iure Francorum» e che «ligium homagium fecerit et fidelitate solite prestiterit iuramentum».
Dai Registri aragonesi si apprende del ribelle Antonio di Campora, seguace di Renato d'Angiò e dell'assicurazione a Zaccaria e Renzo di Campora e a Giacomello Aromatario di Napoli che la grazia concessa a Francesco di Gurello non pregiudicava la tassa di 12 tarì.
Vi è ancora notizia della concessione a vita a Buzio de Senis dell'ufficio di capitano di Caselle, Casalnuovo, Campora, Contrasi e Carmio. Tale carica fu poi concessa al figlio Salvatore da re Alfonso nel 1444, «ad suae vitae decursum», e investito contemporaneamente di quei casali «cum tota, et integra eius Baronia» . Nel 1445 re Alfonso donò a vita «viro nob. Antonello de Flore de Magliano» il diritto della tassa dei fuochi e dei fiscali di Campora. A Salvatore de Senis successero Bindo, Alfonso e «Portia Tolomea de Senis moderna contessa di Potenza qua possidet hodie» il villaggio. Questa sposò D. Carlo de Guevara, conte di Potenza, dal quale nacque Alfonso. Porzia, una delle due figlie di Alfonso, «si casò con D. Filippo della Noce, principe di Suimona».
Dai Quinternioni si apprende che nel 1453 re Alfonso vendette Campora ad Alfonso della Gonessa, unitamente alla terra di Airola, al casale di Rotondi, a Castro e al feudo di Manuni. Nel 1460, per delitto di fellonia, il feudatario perdette Campora che fu venduto a Carlo Carafa. Nel 1258 Carlo Carafa, marchese di Montesarchio perdette, Campora per lo stesso delitto.
Nel 1532 Campora fu concessa ad Alfonso Avalos d'Aquino, marchese del Vasto, il quale vendette il feudo a Felice Scalaleone che, a sua volta, lo vendette a Diana Mancuso, la quale cedette il feudo al figlio Silvio de Vulgariis. Campora venne poi ceduto a Isabella e Beatrice Galeota.
Il feudo passò poi alla famiglia de Angelis nel 1612 ad istanza dei creditori di Camillo de Angelis e venduto fu ceduto per 6600 denari.
Dal Campanile si apprende che tra le investiture di Roberto, figlio di Leonetto, conte di Caiazzo, c’erano anche Corneto, Roscigno, Fileto, Campora.
Roberto Sanseverino donò anche Campora al figlio Giovan Francesco (1465) con il consenso di re Ferrante e nel 1536, dopo la morte del padre, Maddalena, figlia di Giovan Francesco, fu investita di Campora
Dal Gatta si apprende che Tommaso (III) Sanseverino, conte di Marsico e gran comestabile, si gloriava di aver molti nobili suoi suffeudatari, tra cui Matteo di Burgenza per Campora. Si tratta solo di stabilire, per l'accavallarsi delle date, quali corpi feudali avessero ceduto o acquistati gli uni e gli altri.
Dal Cedolario si apprende che sul feudo di Campora era annesso il titolo di marchese. Scipione Loffredo ottenne il titolo di marchese di Campora il 13 settembre 1756. Morto Scipione (28 maggio 1763) il titolo passò a Bartolomeo e da questo, per successione, al fratello Domenico il 6 febbraio 1786.
Nell’Antonini il luogo è detto “Canfora” e il Carucci ritiene che il toponimo derivi dal termine camphora (canfora).
Nel Galanti si legge che a Campora vi erano 1203 abitanti mentre l'Alfano ne conta 1201. II Giustiniani ci informa che il villaggio era posto a 42 miglia da Salerno, in montagna, con 1200 abitanti dediti all’agricoltura e alla pesca.
LATITUDINE: 40.306767
LONGITUDINE: 15.292297800000028
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