Il territorio di Camerota occupa un’area compresa tra il promontorio di Palinuro e il Capo degli Infreschi. Il paese è stato costruito in altura per ragioni difensive con uno sbocco sul mare come la maggior parte del Cilento. Sorge su un colle ricoperto di uliveti mentre sul mare si affaccia la frazione di Marina di Camerota.
La fondazione viene fatta risalire al periodo compreso tra l' VIII e il VII secolo a.C., anni in cui si diffondeva la colonizzazione greca nell'Italia meridionale.
Il territorio è ricco di grotte e torri di avvistamento e racchiude un patrimonio artistico-culturale molto interessante tra cui edifici religiosi tra passato e presente e la Porta di Suso, l’unica rimasta delle porte del borgo medioevale vicino ai resti del Castello.
Possiamo ammirare la Chiesa di San Gennaro con i suoi preziosi stucchi barocchi, la Chiesa di San Nicola di Bari, il cui interno custodisce un presepe del' 700 napoletano e un organo d'arte viennese; la Chiesa di San Daniele Profeta, innalzata dai Greci e trasformata successivamente dalla gente del posto in luogo di culto cristiano ed il Convento dei Cappuccini.
L’economia si basa soprattutto sul turismo di massa molto sviluppato grazie al paesaggio suggestivo con le sue spiagge, le grotte e un mare più volte bandiera blu.
A Camerota c’è un museo dell’artigianato locale che nasce da un carcere storico del Regno delle due Sicilie.Conserva oggetti che raccontano stili di vita non troppo lontani dalle tradizioni locali di oggi. All’interno del museo rivivono i più comuni mestieri del paese negli anni ’50 come quello del calzolaio, sarto, falegname, barbiere, fabbro, muratore e vasaio.
La seconda domenica di luglio si organizza la festa di San Vincenzo per mantenere vive le tradizioni locali.
Nel territorio di Marina di Camerota vennero portati alla luce reperti di industrie associate a molluschi marini (Grotta Noglie e Punta Infreschi, Riparo, Nicchia Gamba), nella Grotta della Cala furono ritrovati resti di industrie ittiche, molluschi marini e molti resti di avifarma. Lungo le coste dell'odierno Cilento, dunque vissero genti già in possesso dell’industria romanelliana. È probabile, perciò, che il toponimo “Camerota” sia derivato appunto dalla presenza di tali grotte adibite a camere (kamarotos, fatto a volte) e magazzini.
Bernardino Rota scrisse del luogo nel Libro I delle sue Metomorfosi, immaginando che Camerota, amata da Palinuro non corrisposto, fosse stata mutata in scoglio da Venere.
Il villaggio, ubicato su una collina, su tre lati era difeso da aspri dirupi.
A ovest del castello sorgeva il monastero di S. Cono che mostra l'esistenza nel luogo di monaci italo-greci. È più che probabile che i primi monaci bizantini giunti nel luogo avessero preso dimora nei diversi ambienti (kamarotos) delle grotte (I fase, asceteri). Pare che ancora nell’800 si scorgessero i ruderi del cenobio sorto più tardi (III fase, cenobitica).
Si tramanda che i saraceni di Calabria sbarcarono alla marina di Camerota e che risalendo la collina distrussero il villaggio dove «stabilirono una roccaforte», di cui manca ogni notizia. Si è scritto inoltre che i saraceni di Agropoli e Camerota saccheggiarono Policastro nel 915.
Dal Catalogus baronum si rileva che Florio di Camerota, signore di Corbella, era tenuto a fornire due, più tardi quattro, militi per Corbella e due per un altro feudo. Grande personaggio del Regno, Florio venne inviato in Inghilterra presso, con i vescovi Elia di Troia e Arnolfo di Capaccio, presso re Enrico II da re Guglielmo il Buono (1166-1188) per chiedergli la mano di sua figlia Giovanna, sorella di Riccardo Cuor di Leone, che i tre accompagnarono in Sicilia nel 1176.
Florio fornì 63 militi e 50 uomini d'arme nella Crociata del 1188. Durante quella stessa Crociata Riccardo Cuor di Leone (1188-1199), nel recarsi in Terrasanta con ottomila uomini costrinse Tancredi, conte di Lecce e usurpatore del trono di Sicilia (1190-1194) a liberare dalla prigionia sua sorella Giovanna (m. 1199), vedova di re Guglielmo, e a pagargli la somma di 40 mila once d'oro di cui solo un terzo fu versato.
Nel 1186 Florio fu uno dei giudici che condannarono Riccardo de Mandra conte di Molise, imputato di congiura contro il gran cancelliere del Regno.
Nel 1303 re Carlo II concesse i feudi di Camerota e di Molpa a Carlo Gualtiero.
Nel 1337 era signore di Camerota Marino di Diano, come suffeudatario di Tommaso Sanseverino, conte di Marsico. Successero poi nel feudo, e sempre come suffeudatari dei Sanseverino, Roberto Origlia (1343), Matteo Origlia (1381), Matteo Origlia (1404), Borrello Origlia (1417) e Sorrentino Angellotto. Da costui il feudo passò a Francesco Landone, figlio del conte di Venafro. Tommaso Sanseverino, oltre alla pensione annua di 365 once d'oro, ottenne da Margherita di Durazzo altre 85 once l'anno per la generale sovvenzione di (Mercato) Sanseverino e di Camerota.
Nel 1399 re Ladislao confermò a Luigi Sanseverino, oltre 1a pensione annua di 365 once d'oro, i feudi di Marsico e le baronie di (Mercato) San Severino, Sala (Consilina), Polla, Castel S. Giorgio, Roccagloriosa, Camerota, S. Severino di Camerota, Lagonegro e Atena Lucana.
Nella restituzione dei feudi a Guglielmo Sanseverino (1406) era compreso anche il villaggio di Camerota. Il re Cattolico investì poi (1508) Luzio Palagano della «città» di Camerota. L'erede Goffredo ne chiese il relevio con Cicerale, Castagneta e Cannicchio.
Nel 1532 era stata costruita sulla collina, a nord-ovest del litorale, una base di avvistamento contro i pirati.
Nel 1552 Dragut, con la flotta turca forte di 123 navi, devastò 1e coste del Regno, saccheggiando e incendiando Policastro, S. Marina, S. Giovanni a Piro, Torre Orsaia, Roccagloriosa e Camerota. La popolazione di Camerota da 90 fuochi (: ab. 450) si ridusse a 50 fuochi (: ab. 250).
Nel 1554 Camerota era in possesso di Carlo Caracciolo, che in quell'anno vendette il villaggio, con Pisciotta Palinuro, Molpa e Lentiscosa a Sancio Martinez de Leyna, capitano generale delle galee del Regno per 17.000 denari. Nel 1578 il de Leyna lo vendette per debiti, con i casali suddetti, a Camillo Pignatelli, duca di Monteleone, per 30.000 denari.
Più tardi il feudo fu venduto alla famiglia de Sangro. Francesco Pannone, sposando Eleonora di Sangro, depositò i 7500 ducati della dote. Dopo la sua morte, per sentenza del SRC, il villaggio fu intestato ad Eleonora. Alla sua morte, nel 1581 il feudo passò al figlio Bernardino di Sangro. Nel 1587 Delia Belprato, madre e tutrice di Edoardo di Sangro, vendette il feudo a Paolo Marchese, fratello del maestro di campo Ottavio, per 24.000 denari. Orazio Marchese il 20 dicembre 1603 ottenne il titolo di marchese di Camerota con Castelluccio (S. Severino), Marina degli Infreschi e Li Cusati. Nel 1663 venne apprezzato 45.000 denari dal tavolario Gallerano, il quale descrisse anche il castello.
Il 13 luglio 1647, per la sanguinosa rivolta degli abitanti locali, Paolo Marchese, marchese di Camerota, concesse i capitoli richiesti sotto forma di supplica che furono confermati, capitolo per capitolo, il giorno seguente con istrumento redatto alla presenza del clero e di un rappresentante del vescovo di Policastro. Contrariamente al Capecelatro, il Pasanisi afferma che il marchese fu catturato dai rivoltosi. Per refuta di Paolo, le terre poi passarono a Giuseppe (m. 2 luglio 1717) che vi rinunziò a favore del figlio Orazio (m. 3 maggio 1718). Da questo, per successione, passarono a Domenico (m. 4 aprile 1755) e poi ad Orazio il 19 novembre 1750.
Domizio Marchese il 27 settembre 1742 aveva acquistato Poderia dal duca Annibale Marchese, senza la portolania che apparteneva all'Università. Questa, secondo il costume del tempo, l'aveva
intestata a uno dei suoi cittadini e propriamente a Giuseppe Mangia, il quale ne ebbe l'ultima intestazione nel Cedolario (13 settembre 1742) come successore del padre Carmine (m. 10 agosto 1789). Come si è detto alla famiglia Marchese apparteneva anche Licusati.
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ApprofondisciFine novembre ed inizio dicembre
ApprofondisciLATITUDINE: 40.0318695
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