La cittadina è posta a 614 metri sul livello del mare e sorge alle pendici del Monte Cavallo nel Vallo di Diano, di cui è il centro più grande. Si trova al confine con la Basilicata, poco distante da luoghi di forte interesse turistico come Teggiano e Padula. E' circondata da floride aree boschive ed è facilmente raggiungibile grazie allo svincolo dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria.
Il suo nome ha una doppia radice: la prima di origine longobarda sta ad indicare la corte signorile, la seconda di origine latina si riferisce a “Consilinum”, un centro romano situato non lontano. Nonostante Sala Consilina sia stata distrutta da Federico II nel XIII secolo e dagli Aragonesi nel XV secolo, vi sono ancora testimonianze risalenti al IX secolo a.C. e all’epoca normanna nella necropoli e nelle Chiese di San Leone IX, Santo Stefano e Sant’Eustachio. Nella Grancia di San Lorenzo risalente al 1600, tempo in cui il paese divenne sede vescovile, si trova l’Antiquarium Comunale dove sono conservati reperti rinvenuti nella necropoli riconducibili all’età del ferro.
I prodotti tipici del luogo sono latticini e salumi.
Come è noto la Valle del Tanagro era intensamente popolata in età arcaica: ogni collina che domina il fondo valle aveva un insediamento: Sala, Padula, Atena, Teggiano, Polla e Pertosa. Ne è documento la necropoli arcaica di Sala, dove sono state finora portate alla luce oltre 1300 tombe con oltre tredicimila oggetti. Si tratta di tombe enotrio-ausoniche (IX secolo) d'inumati e cremati, con ricchi corredi di ceramica protogeometrica apulo-italiota e numerosi oggetti (bronzo, ferro, soprattutto ambra), con prevalente materiale d'impasto. Tutto ciò consente di supporre (Panebianco) l'arrivo, verso la metà dell'VIII secolo a.C., di una popolazione che introdusse il costume funerario della cremazione con tombe a tumulo di origine anatolica. I corredi delle tombe mostrano quanto fiorente fosse il mercato con le colonie achee della costa ionica e greco-calcidese del basso Tirreno. Ivi sono state portate alla luce anche tombe di fase ionica e arcaica (VII-V sec. a.C.), tutte a inumazione con notevoli corredi (vasi policromi di stile geometrico che mostrano relazioni anche con Velia e tombe lucane del IV-II sec. a.C.), nei pressi di Padula.
Mancano documenti sicuri dei periodi longobardo e normanno. Le notizie cominciano ad addensarsi solo nell'età sveva. Federico II aveva concesso a Tommaso Sanseverino il castello posto su una ripida balza, al quale l’imperatore pose l'assedio perché vi si erano asserragliati i Sanseverino ai tempi della nota congiura. Espugnato il castello, Federico ne ordinò la distruzione. Il castello venne poi restaurato prima della morte dell'imperatore (1250) e alla ricostruzione contribuirono Sala, Padula, Diano e casali, Polla con il casale di S. Pietro e Atena.
Nel 1252 venne ripresa a Sala una vertenza già giudicata a Eboli dalla Regia Curia nel maggio di quell'anno. La Regia Curia sanzionò l'appartenenza alla Chiesa di Salerno del casale di Cosentino. Precedentemente la Curia si era adita ad Aquara da parte dei rappresentanti di Sicignano e Cosentino. Questi ultimi affermavano che il villaggio era stato donato dal principe Gisulfo alla Chiesa Salernitana, la quale ne aveva avuto altri anche da Roberto il Guiscardo, dimostrando così che non erano stati mai vassalli del signore di Sicignano. Dopo il 1266 Ruggiero di Sanseverino ebbe confermati i feudi di Atena, di Sala e di Teggiano. Nel 1295 Tommaso (II) di Sanseverino ebbe confermato ancora il feudo di Sala.
Non mancano notizie del '300. Va ricordato che Sala contava quattro casali: S. Angiolo, S. Nicola, S. Lucia e S. Damiano. Sant'Angiolo e San Damiano vennero dati dai Sanseverino in suffeudo alla famiglia Valenzano per uno sparviero da caccia annuo. Il cavaliere Giovanni Valenzano fondò un monastero di suore di S. Bernardo, dedicato a S. Angelo, che venne poi approvato e confermato dal vescovo Filippo di Santomagno. Questo vescovo confermò pure nello stesso anno la locale fondazione dei padri Crociferi. Nel 1348 i villaggi di Sala si spopolarono per la peste, eccetto il villaggio di S. Damiano. In quel tempo si rifugiarono a Sala gli ultimi abitanti di Marcelliana. Del'300 vi sono nell'Archivio cavense alcune pergamene.
Va ricordato che nel 1497 re Federico, assediata Salerno, si recò a Lagopiccolo, Eboli, Buccino, Caggiano, Polla e, il 30 ottobre, a Sala. Come è noto Federico d'Aragona con 20.000 uomini assediò Sala, ma levò subito l'assedio dell'imprendibile castello per recarsi a quello di Diano.
Roberto Sanseverino, per debiti contratti dal padre, vendette alla Certosa il 15 marzo del 1508, per d. 1200, proprietà della famiglia a Marsico e a Sala. Il 20 ottobre 1521 il vescovo Galeota unì alla chiesa di S. Pietro le rendite del locale ospedale. Negli anni 1513-1514 era precettore dei Sanseverino per Sala Leonetto Bigot. Nel 1520 Sala fece un donativo al principe di Salerno di d. 150. Ai tempi di Ferrante Sanseverino era suo esattore per Sala Bartolomeo Pasello. Ricorda il Gatta che Carlo V, di ritorno dall’impresa di Tunisi, il 15 novembre 1535 si fermò a pranzo a Sala. Lionetto Mazzacane, barone di Omignano, suffeudatario del principe Ferrante Sanseverino ebbe l’incarico di sovraintendere al ricevimento dell'imperatore.
In età spagnola le terre di Sala (331 fuochi) e di Atena (211 fuochi) furono vendute al principe di Stigliano per 11.750 ducati.
Il feudo rustico di S. Angelo, di cui sopra, con il suo castello era spesso visitato dai Sanseverino e dai suoi ufficiali per la sua felice ubicazione sulla strada delle Calabrie.
A Sala si verificò il noto evento, di cui scrive il Volpi, che costò la vita al governatore e la vendita di Sala a Francesco Filomarino, principe di Rocca dell'Aspro (Roccadaspide), evento che costrinse il vescovo a rifugiarsi a Pisciotta per non essere deportato prigioniero
in Spagna.
Dal Cedolario si apprende che ancora al 21 giugno 1757 il duca Calà di Diano aveva la giurisdizione delle prime e seconde cause di Sala, mentre tutte le altre appartenevano all'Università.
Il Galanti ci informa della sola popolazione di Sala (5489), mentre l’Alfano chiarisce che la famiglia Arezzo aveva il diritto di nomina del governatore e la famiglia Caracciolo della mastrodattia.
Il Giustiniani è polemico con l'Antonini che «avrebbe potuto dire qualche cosa di più di un tal paese, e non uscirsene così meschinamente come fece». Egli pone Sala a 50 miglia da Salerno e descrive il villaggio come uno dei migliori del Vallo di Diano per posizione ed edifici, tra cui il palazzo vescovile, sede di uno dei vicari generali della diocesi. Imputa alla peste la grave carenza demografica, per cui ancora nel 1737 Sala contava appena 227 famiglie (ab. 1135).
Dal 13 al 15 settembre
ApprofondisciDal 27 al 29 settembre
ApprofondisciLATITUDINE: 40.4019157
LONGITUDINE: 15.590801499999998
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