Il borgo è situato nel basso Cilento e deve il suo nome al Santo patrono l’Abate Mauro, vissuto ai tempi di San Benedetto. Il secondo termine pare abbia origini greche ma il significato preciso resta tuttora indefinito. L’unica certezza è che il termine “Bruca” ricorre anche in altre parti del Cilento. San Mauro è caratterizzato da una struttura tipicamente medievale. La chiesa benedettina, la cappella e il cuore del paese risalenti all'anno 1000, hanno richiami propri di quell'antico periodo. In più punti del borgo vi è la famosa croce di Malta che testimonia la presenza nel territorio dei Cavalieri di quell'ordine. Vi sono affreschi dedicati a Sant'Eufemia, la maggior parte delle abitazioni, delle stradine e delle scalinate sono tutte rigorosamente in pietra e conducono il visitatore in un suggestivo viaggio a ritroso nel medioevo. Degna di nota è anche la piazza dalla quale è possibile ammirare un bellissimo paesaggio della costa fino a Palinuro.
Anche questo casale, come altri vicini, è da presumere abbia preso nome dal santo venerato nell'edicola sorta a mezza costa della boscosa dorsale del monte dei Monaci (m. 797). E sono forse proprio questo toponimo e la breve distanza (2 km) che separa la chiesa di S. Nazario da quella di S. Mauro, che fanno supporre che quest'ultima possa essere stata elevata dagli stessi religiosi esuli dal Mercurion fondatori della culla della congregazione nilana.
Nessun documento finora mostra la sicura esistenza di un cenobio in quel luogo e in quei tempi, specialmente se si esclude che il toponimo in questione possa identificarsi con quello dell’omonimo complesso monastico di cui si legge nella donazione all'abbazia cavense del signore di Novi nel 1104, confermata da un successore nel 1186. Nel qual caso cadrebbe anche l'altra interessante ipotesi tendente a vedere in questo di S. Mauro il «vicino» cenobio che l'egùmeno di S. Nazario avrebbe voluto affidare a S. Nilo «subito dopo averlo consacrato a Dio con la professione». Comunque sia, va sottolineata la decisione dell'egùmeno ispirata dal fascino che la forte e mistica personalità del giovane novizio suscitava e che avrebbe conferito prestigio e fama al cenobio e, a un tempo, condizionato il locale «tirannello», contro cui il neo monaco già si era aspramente pronunciato.
Non possono derivare difficoltà dalla ricerca del santo che diede nome al casale. Quasi certamente il santo abate che ancora si venera nel villaggio (la festa si celebra l’ultima domenica di agosto), ove è tuttora vivo il ricordo del suo ultimo miracolo (14 gennaio 1889): egli comparendo ad alcuni operai addetti alla costruzione della vicina galleria ferroviaria della «Spina», li salvava da morte sicura (frana di oltre 150 m.).
Le prime notizie sicure del casale risalgono al XIII secolo, quando cioè troviamo S. Mauro già unito con Rodio come feudi di Commenda dell'ordine di Malta dipendenti dal baliaggio di S. Eufemia, come conferma anche il Volpi. Non a caso, patrona di S. Mauro è S. Eufemia e compatrono S. Mauro.
La più antica notizia reperita finora sulla dipendenza del casale dal Sovrano Ordine di Malta, risale al 26 agosto 1279, quando il feudo di S. Mauro e Rodio venne fittato da fra Ugo de Salent, giovannita e priore di Capua, a Giovanni de Bono di Gaeta per un canone annuo di cento ducati d'oro, concessione confermata il 6 dicembre da Niccolò Ruggiero, Gran Maestro dell'Ordine.
Dal Cedolario dei fuochi è notizia della tassa: «Sanctus Maurus pro focul. X, unc. III, tar VII et medium», da altri documenti dell'Archivio napoletano a dei vari tentativi dei nativi del luogo, sotto i regni di Giovanna I e Giovanna ll, Ladislao e Alfonso d'Aragona, di essere esentati dall'annua colletta ammontante a 24 once d'oro, senza mai riuscirvi, malgrado il valido ausilio del balì di S. Eufemia. Finalmente il 3 marzo 1464 il ricorso avanzato dal balì Sergio Seripanno fu accolto da re Ferrante, per cui S. Mauro e Rodio furono dichiarati «franchi et perpetuo exempti» da qualunque soluzione fiscale.
Nella sentenza del dr. Troise emessa a Cuccaro sulla consistenza dei beni del duca di Monteleone è detto che al duca era attribuita la sola giurisdizione penale su S. Mauro. Nei Repertori è segnalato un matrimonio celebrato nel 1518 tra Ferrante della Leonessa, discendente di quel Guglielmo che nel 1418 possedeva la Terra di S. Martino, e Arminia Carrafa, figlia di Giacomo. Quest'ultimo, in occasione del matrimonio della figliuola le promise come dote i casali di S. Severino di Camerota, S. Mauro e S. Martino. Feudi e giurisdizioni di cui fu poi investita alla morte del padre Ferrante (li possedeva maritali nomine) il figliuolo Arminio (a. 1533). Nei Repertori è notizia della permuta intervenuta nel 1570 tra il duca di Monteleone e il suo segretario G. Battista Farao di S. Mauro con Abatemarco.
La Platea dei Celestini di Novi ci informa della vendita avvenuta nel 1353 da parte di Notare Lotterio e di Notare Nicola di S. Mauro di una chiusa di quel casale «ubi dicitur Murogentilio», mentre il polittico di S. Barbara fu venduto da un tal «magister Franciscus de Santo Mauro».
L'Antonini nel confermare l’appartenenza di S. Mauro la Bruca all'Ordine di Malta così afferma: «Lontano dal corso di questo fiume [Melpi o Rubicante] sulla dritta due miglia, e quattro da Pisciotta, su di un'amenissima collina, trovasi S. Mauro della Bruca, chiamato così a differenza d'altri, che vi sono di questo stesso nome. Appartiene la Terra con Rodio alla Religion di Malta. I suoi terreni producono vini gentilissimi, olivi, castagne, e querce, e gode a vista del porto di Palinuro, e di tutti quei piani, un'aria soavissima in ogni stagione».
Il Giustiniani segnala il villaggio alla voce Sammarco di Cuccaro, sito su «un colle, ove respirasi buon'aria» posseduto «dalla famiglia Piccirilli con titolo di Marchesato», alla fine del '700, quando il villaggio contava 800 abitanti «tutti addetti all'agricoltura».
LATITUDINE: 40.1238817
LONGITUDINE: 15.290326199999981
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