Il documento più antico
che si conserva nell'Archivio della nostra Chiesa è il libro dei Battesimi
datato 22 gennaio 1567 e sulla prima pagina del medesimo libro si legge
testualmente: Parrocchial Ecclesia dell'Angilo del Casale di Rotino.
Già a quell'epoca
la nostra Parrocchia era consacrata al culto dell'Arcangelo Michele la cui
diffusione si deve principalmente ai Longobardi originari delle Valli inferiori
dell'Elba scesi in Italia nel 568, convertitisi al Cattolicesimo lo adottarono
in sostituzione del loro Dio nordico Wotan.
Una data ancora più
antica, quella del 1421, la troviamo incisa sopra una pietra della muratura
esterna della navata sinistra.
Altra significativa
testimonianza della vetustà della Parrocchia di Rutino è offerta da Pasquale
Magnoni (1763) in una lettera inviata al Barone Antonini ci fa capire che
attraverso le pitturazioni rinvenute nella Cripta, la nostra Chiesa fu
edificata in tempi assai remoti, comunque prima dell'anno mille.
Molto più recenti
sono invece le notizie riguardanti i festeggiamenti in onore di San Michele.
Sappiamo indirettamente che la festività veniva celebrata ogni anno grazie alle
annotazioni riportate sul libro dei conti "Introiti ed Esiti" del
1759 in relazione al compenso del Sacrestano per le maggiori prestazioni
effettuate durante la novena al Santo Protettore.
Per quanto riguarda
la Sacra Rappresentazione nessun documento esistente nell'Archivio Parrocchiale
parla di tale cerimonia o comunque lascia intuire che questa si svolgesse in un
dato periodo di tempo.
Un foglio sciolto
del 1866 elenca gli oggetti d'oro e d'argento e di altro metallo placcato di
pertinenza del nostro Protettore San Michele Arcangelo e tra questi oggetti
elenca: una Lancia, un Elmo d'argento con tre penne delle quali due dorate, una
Corazza e un Gonnellino rosso gallonato in oro.
Questi oggetti: la
Lancia, l'Elmo, la Corazza e il Gonnellino fanno parte del corredo che
indossano i protagonisti durante la Sacra Rappresentazione e ci inducono
ragionevolmente a supporre che il Sacro mistero della lotta di San Michele con
Lucifero venisse rappresentato ancor prima del 1866.
Molti anziani del
luogo asseriscono di aver sempre sentito parlare della celebrazione della festa
dell'Angelo e del Diavolo.
In ogni modo
possiamo dire, grazie alle notizie che ci hanno tramandate i nostri antenati,
che la tenzone tra l'Angelo e il Diavolo si svolge ininterrottamente già da
alcuni secoli, interpretando sempre lo stesso dialogo adattato dal dramma
"Il Paradiso Perduto" di J. Milton a cui s'ispira la tradizione
popolare.
Attraverso questi
lunghissimi anni è cambiata solo la data dei festeggiamenti, dall'8 Maggio, che
ricorda il giorno dell'apparizione dell'Arcangelo Michele sul monte Gargano,
alla seconda domenica dello stesso mese di Maggio.
E proprio in questa seconda domenica del mese
di Maggio che l'Arcangelo Michele si trasforma in Angelo, assicurato ad una
corda tesa all'altezza di dieci metri circa che attraversa da una parte
all'altra la piazza del paese, per combattere l'ispiratore della discordia,
della prepotenza e della superbia dell'Angelo della luce messosi a capo degli
Angeli ribelli e divenuto il nemico di Dio e del bene.
La festa del volo
dell'Angelo è senza dubbio una delle attrazioni più suggestive perché fa presa
sui bambini infondendo nei loro cuoricini il ricordo più indelebile del Sacro
evento. Non si può spiegare altrimenti il ritorno fedele e puntuale di
molti compaesani sparsi in terre lontane nei giorni della festività del volo
dell'Angelo.
Non solo i
rutinesi, ma tanti forestieri che avendo visto il dramma religioso quand'erano
fanciulli, ora adulti avvertono la nostalgia di rivedere ancora una volta
quello che era rimasto impresso nei loro occhi e nei loro cuori.
La scelta
dell'Angelo viene fatta attraverso la selezione di alcuni fanciulli maschi che
vengono sottoposti a dei provini tenendo conto del peso, che non deve superare
i quaranta chilogrammi, della voce che deve essere piuttosto acuta e melodiosa
e una certa facilità nel recitare il ruolo.
Ogni Angelo che
solca i cieli di Rutino dice di non aver provato alcuna emozione o alcun timore
quando era agganciato alla sartia all'altezza dal suolo di una decina di metri.
Questo perché durante l'imbracatura, che un tempo veniva fatta con fasce di
tessuto, il corpicino dell'Angioletto, avviluppato dalle fasce che collegate al
gancio devono sostenerlo dandogli l'impressione di essere ben protetto, è
assolutamente al sicuro; inoltre, durante l'agganciamento al cavo, l'addetto
che fa parte del comitato festa, tiene ben stretto a se il bambino e non lo
lascia finché non è sicuro di aver ben legato il gancio alla carrucola.
Giunto il giorno
della festa, il fanciullo prescelto viene sottoposto, nell'abitazione paterna,
alla vestizione, iniziando col fargli indossare una sottoveste bianca ricamata,
un vestitino azzurro bordato con ricami di fili d'oro e sul petto ricamata una
bilancia, simbolo di giustizia, oltre alla scritta: Quis ut Deus.
Due calzamaglie con strisce azzurre che avvolgono
le gambe. Completano la vestizione le ali, un paio di sandali bianchi, la
bionda parrucca ricciuta, l'Elmo col sottogola e uno scudo legato al braccio
sinistro; successivamente due militi dell'Arma dei Carabinieri in alta uniforme
gli consegnano la spada della disfida.
Ultimata la
cerimonia della vestizione l'Angelo viene accompagnato in Chiesa dai genitori,
da alcuni fedeli e dalla banda musicale nonché dai due Carabinieri di cui
abbiamo detto.
Dopo aver ascoltato
la Solenne Santa Messa, le varie Associazioni Cattoliche si predispongono per
la processione col Santo Patrono portato a spalle dai fedeli.
La processione
percorre il lato San Cesario, cioè il lato est del paese, con una breve sosta
per assistere alla spettacolare e rinomata batteria di fuochi pirotecnici.
Terminato il
percorso est, il corteo si ferma in piazza, mentre i portatori adagiano su di
un tavolo la statua di San Michele disponendola di fronte al palco che funge da
Inferno. A questo punto l'Angelo inizia il suo volo partendo dalla loggetta
della Casa Canonica e lentamente viene fatto proseguire fino al centro del
percorso.
Un assoluto silenzio è calato sulla piazza dove la gente assiepata si accalca per meglio godersi lo spettacolo. La rappresentazione ha inizio con il canto dell'Angelo a cui dopo poco si unisce la voce tenebrosa del Diavolo. Terminata la scaramuccia verbale, l'Angelo accompagnato da scrosci di applausi, raggiunge il lato opposto mentre il Principe degli Angeli, in processione, s'incammina per percorrere il lato opposto del paese. Al ritorno dalla processione, giunti in piazza l'Angelo munito di scudo e spada ritorna in scena ed affronta l'acerrimo nemico Satana che dopo un simbolico duello lo sconfigge facendolo stramazzare al suolo. Si conclude così la tradizionale festa del volo dell'Angelo tra gli applausi della gente e il suono melodioso della Banda Musicale "G. Verdi" della "Città di Rutino".
TESTO DEL DRAMMA
PARTE I
Angelo:
( canta )
Principe
nobilissimo,
del
Ciel guerriero invitto,
del
trono dell’Altissimo
ardente
difensore,
con
pompa oggi magnifica,
a
scorno del proscritto
angue
infernal si celebra.
Gran
festa in vostro onore.
Diavolo:
( recita )
A
scorno del proscritto angue infernale! Chi sei tu che ardisci insultar colui
che fu tuo superiore un tempo? Colui che scosse il giogo dell’Onnipotenza, che
sollevò l’Empireo contro il perpetuo Re del Cielo, ponendo in prova l’alta Sua
supremazia?
Se
sostenuto io fossi da forza, caso o fato ! Ma, o mio crudele evento, o mio
avverso destino!
O
voi che nel cieco orror della città di morte vigilanti siete, mostri, furie,
datemi libero l’ ingresso.
Ma
no, resister non posso, al mio fier dolor che mi strugge, ahi, rimembrando come
là perdemmo il Cielo in sì turpe disfatta che pur tutta estinta fu la gloria
nostra.
Pur
battuto, non domo, di nuovo bramo espormi al cimento ed oggi io qui voglio
provarmi con te.
Angelo:
Vanne
o superbo nella bolgia orrenda,
non
provocar di Dio l’ira tremenda.
Diavolo:
Forse
atterrir mi vuoi col vano fiato delle minacce tue ?
Audace,
insultatore, tu mi conosci a prova e sai qual fui nel dì della battaglia
formidabile campione !
Ed
or benché caduto in questo fondo d’orror, d’ogni dolor e d’ogni miseria
albergo, cangiato non son’io da quel che fui, anzi baldanza e vigoria m’accresce
della vendetta il desiderio ardente.
Qui
son pronto a rinnovar la pugna, qui le schiere del Cielo prostrate e vinte ai
miei piedi vedrò, là dell’ Empireo sulle eccelse cime celebreremo il nostro
sospirato trionfo, là pianteremo le insegne della nostra vittoria.
Angelo:
Vani
sforzi tu fai, se tu non parti
io
qui posso qual fango calpestarti.
Diavolo:
Non
partirò ma annichilito e spento restar piuttosto a tuo dispetto io voglio.
(
guardando nella botola )
Squarci
la terra un terremoto orrendo e dal profondo baratro tonante sull’Universo
piova di vasto incendio inestinguibil foco.
Apra
l’Averno il seno e tra rotanti globi di fumo e fiamme avanzi contro il Cielo il
più tremendo campione ch’abbia l’abisso: Asmodeo, lo spirito più forte che
ribelle al voler del Fabbro Eterno spogliò l’Empireo e popolò l’Inferno.
Angelo:
Vantati
pure, o mostro maledetto,
ma
lascia questo suol da Dio protetto.
Diavolo:
Brucerò
questo paese con quella fiamma che nel mio cor feroce avvampa ed arde.
Angelo:
Sì
come un’ara brucerà ogni core
ma
sarà fiamma di celeste ardore.
Diavolo:
Scuro
linguaggio che al mio cor fa guerra, seminerò discordia su questa Terra !
Angelo:
Invano
tenterai spirto d’Averno,
parti
da questo suol piomba all’ Inferno.
Diavolo:
Ma
chi sei tu che di partir m’imponi ?
Angelo:
Sono
un Messo di Dio sappi o fellone
che
tu di me non reggi al paragone.
Diavolo:
(
Buttando con sdegno la forca per terra )
Ebbene
annunzio di guerra !
Tornerò
fra i miei fidi e formidabili campioni per convocarli alla battaglia. Su questo
campo tu vedrai fra poco, sfolgoranti di sdegno e di terrore, radunarsi d’Averno
i più gagliardi spiriti di cui lo stuol ne eguaglia quello degli astri e di
fulgor lo vince.
Tu,
qui mi attendi e ti preparerai intanto all’ orrendo conflitto.
Angelo:
Vanne
e ritorna pure, io qui t’aspetto,
e,
solo, contro i tuoi la pugna accetto.
Diavolo:
Apriti
o terra e dammi libero il passo nel regno della morte !
E
voi dell’ombre eterne, vigili custodi, la via sgombrate al vostro re che
nell’abisso torna.
Angelo:
Ed
io spiego il volo al Paradiso
rifulgente
di gioia e di sorriso.
FINE I PARTE
PARTE II
Diavolo:
(
Asmodeo a metà della botola guardandosi intorno )
O
degli eterei seggi, Prenci, Possanze, Re, Figli del Cielo!
Di
questi eccelsi titoli il rifiuto dobbiamo fare noi dunque? In vece d’essere
nomati prenci d’abisso e che vivremo in tal viltade e tanta noi dunque?
Noi,
stirpe celeste diva dal Ciel banditi, calpestati e calchi, qui saremo di catene
e di tormenti?
Olà
compagni, restate voi nelle carceri profonde, tra pianti eterni tormentatori
imbelli, mentre io, campione invitto, da quest’orrido abisso, il piè sospingo
ed a pugnar contro il Ciel m’ accingo.
(
salta fuori dalla botola )
Ecco
Asmodeo in campo. Non più s’insulti Pluto, querele non più.
O
mio nume monarca, Prence Supremo di raggianti schiere, che nell’ aspra tenzon
posero il rischio dell’ eterno impero, oggi farò vedere il valor mio, contro i
campioni dello stesso Iddio.
Angelo:
Adora
il Re dell’universe stelle
e
in te consuma la tua rabbia imbelle.
Diavolo:
(
sbigottito e tremante, scruta nel cielo cercando l’ Angelo )
O
mio nemico eterno, pur qui ti lasciai e pur qui ti ritrovo ?
Angelo:
Tu
mi sfidasti ed io la battaglia accettai.
Diavolo:
Son
pronto sì ma col tuo Duce, io duce deggio affrontarmi, o col Ciel tutt’insieme,
così più gloria acquisterò vincendo e me ne perderò se vinto io sono.
Angelo:
O
timido ciarlone,
sol
la mia spada, tutta disperderà la tua masnada.
Diavolo:
Contro
di te che d’ insultar non cessi si sfoghi alfin il furor che mi strugge.
(
guardando nella botola, mentre si ode rumore di catene )
O
potentati, o principi, o guerrieri che del Ciel l’onor già foste, del Ciel già
nostro ed ora ahimè perduto, cinti di lampi e di saette armati, tentiam di viva
forza e tutti a un tempo del Ciel dalle alte torri aprirci il varco.
Scuotetevi,
sorgete o in eterno siete perduti !
Avanti......Avanti......Avanti
o miei prodi e fidi commilitoni che oggi dopo la pugna, scavalcando i monti e
le procelle, saliremo nella parte più sublime del Cielo e là sul Monte del
Testamento, affianco dell’aquilone, piantato per sempre a scorno nostro, vendicheremo
infine le ingiurie e lo scorno del germe nostro, creato da sì rozza gente e
genia di fango.
Alle
armi noi dunque, alle armi.
Angelo:
A
noi !
(
combattimento col tintinnio delle spade )
Folli
contro il Signor del Firmamento,
chi
resistere potrà è ivi dispersi
sì
come polvere alla balia del vento.
Diavolo:
(
stando a terra )
Ahimè
perduto, vergogna di Pluto!
Ahimè
da quale stato un cieco orgoglio precipitar mi fè?
(
alzandosi e barcollando )
Da
qual felicità in qual abisso di sempiterna pena !
Dove
or misero me, dove sottrarmi allo sdegno di colui che tutto può? Dove allo
stesso mio furor disperato ?
Ovunque
io fugga si spalanchi l’ Inferno !
Addio
felici campi, soggiorno di eterna gioia, addio per sempre !
Salve,
cupo mondo d’orror, a te m’affido e mi nascondo in seno della tua notte. (
si cala nella botola )
Angelo:
Inneggiate
dal cielo eccelsi cori,
o
Serafini al tron del sommo Iddio.
Cadde
d’abisso nei profondi orrori
dei
ribelli lo stuolo iniquo e rio.
Gloria
al Signor del Ciel tra gli splendori.
Sia
pace in terra all’ uomo umile e pio.
A
te del Creator campion fedele
onore
eterno Arcangelo Michele.