Festa di San Michele Arcangelo
RUTINO - 14 maggio 2023 Vai al Borgo

Il documento più antico che si conserva nell'Archivio della nostra Chiesa è il libro dei Battesimi datato 22 gennaio 1567 e sulla prima pagina del medesimo libro si legge testualmente: Parrocchial Ecclesia dell'Angilo del Casale di Rotino.
Già a quell'epoca la nostra Parrocchia era consacrata al culto dell'Arcangelo Michele la cui diffusione si deve principalmente ai Longobardi originari delle Valli inferiori dell'Elba scesi in Italia nel 568, convertitisi al Cattolicesimo lo adottarono in sostituzione del loro Dio nordico Wotan.
Una data ancora più antica, quella del 1421, la troviamo incisa sopra una pietra della muratura esterna della navata sinistra.
Altra significativa testimonianza della vetustà della Parrocchia di Rutino è offerta da Pasquale Magnoni (1763) in una lettera inviata al Barone Antonini ci fa capire che attraverso le pitturazioni rinvenute nella Cripta, la nostra Chiesa fu edificata in tempi assai remoti, comunque prima dell'anno mille.
Molto più recenti sono invece le notizie riguardanti i festeggiamenti in onore di San Michele. Sappiamo indirettamente che la festività veniva celebrata ogni anno grazie alle annotazioni riportate sul libro dei conti "Introiti ed Esiti" del 1759 in relazione al compenso del Sacrestano per le maggiori prestazioni effettuate durante la novena al Santo Protettore.
Per quanto riguarda la Sacra Rappresentazione nessun documento esistente nell'Archivio Parrocchiale parla di tale cerimonia o comunque lascia intuire che questa si svolgesse in un dato periodo di tempo.
Un foglio sciolto del 1866 elenca gli oggetti d'oro e d'argento e di altro metallo placcato di pertinenza del nostro Protettore San Michele Arcangelo e tra questi oggetti elenca: una Lancia, un Elmo d'argento con tre penne delle quali due dorate, una Corazza e un Gonnellino rosso gallonato in oro.
Questi oggetti: la Lancia, l'Elmo, la Corazza e il Gonnellino fanno parte del corredo che indossano i protagonisti durante la Sacra Rappresentazione e ci inducono ragionevolmente a supporre che il Sacro mistero della lotta di San Michele con Lucifero venisse rappresentato ancor prima del 1866.
Molti anziani del luogo asseriscono di aver sempre sentito parlare della celebrazione della festa dell'Angelo e del Diavolo.
In ogni modo possiamo dire, grazie alle notizie che ci hanno tramandate i nostri antenati, che la tenzone tra l'Angelo e il Diavolo si svolge ininterrottamente già da alcuni secoli, interpretando sempre lo stesso dialogo adattato dal dramma "Il Paradiso Perduto" di J. Milton a cui s'ispira la tradizione popolare.
Attraverso questi lunghissimi anni è cambiata solo la data dei festeggiamenti, dall'8 Maggio, che ricorda il giorno dell'apparizione dell'Arcangelo Michele sul monte Gargano, alla seconda domenica dello stesso mese di Maggio.
E proprio in questa seconda domenica del mese di Maggio che l'Arcangelo Michele si trasforma in Angelo, assicurato ad una corda tesa all'altezza di dieci metri circa che attraversa da una parte all'altra la piazza del paese, per combattere l'ispiratore della discordia, della prepotenza e della superbia dell'Angelo della luce messosi a capo degli Angeli ribelli e divenuto il nemico di Dio e del bene.

La festa del volo dell'Angelo è senza dubbio una delle attrazioni più suggestive perché fa presa sui bambini infondendo nei loro cuoricini il ricordo più indelebile del Sacro evento. Non si può spiegare altrimenti  il ritorno fedele e puntuale di molti compaesani sparsi in terre lontane nei giorni della festività del volo dell'Angelo.
Non solo i rutinesi, ma tanti forestieri che avendo visto il dramma religioso quand'erano fanciulli, ora adulti avvertono la nostalgia di rivedere ancora una volta quello che era rimasto impresso nei loro occhi e nei loro cuori.
La scelta dell'Angelo viene fatta attraverso la selezione di alcuni fanciulli maschi che vengono sottoposti a dei provini tenendo conto del peso, che non deve superare i quaranta chilogrammi, della voce che deve essere piuttosto acuta e melodiosa e una certa facilità nel recitare il ruolo.
Ogni Angelo che solca i cieli di Rutino dice di non aver provato alcuna emozione o alcun timore quando era agganciato alla sartia all'altezza dal suolo di una decina di metri. Questo perché durante l'imbracatura, che un tempo veniva fatta con fasce di tessuto, il corpicino dell'Angioletto, avviluppato dalle fasce che collegate al gancio devono sostenerlo dandogli l'impressione di essere ben protetto, è assolutamente al sicuro; inoltre, durante l'agganciamento al cavo, l'addetto che fa parte del comitato festa, tiene ben stretto a se il bambino e non lo lascia finché non è sicuro di aver ben legato il gancio alla carrucola.
Giunto il giorno della festa, il fanciullo prescelto viene sottoposto, nell'abitazione paterna, alla vestizione, iniziando col fargli indossare una sottoveste bianca ricamata, un vestitino azzurro bordato con ricami di fili d'oro e sul petto ricamata una bilancia, simbolo di giustizia, oltre alla scritta: Quis ut Deus. 
Due calzamaglie con strisce azzurre che avvolgono le gambe. Completano la vestizione le ali, un paio di sandali bianchi, la bionda parrucca ricciuta, l'Elmo col sottogola e uno scudo legato al braccio sinistro; successivamente due militi dell'Arma dei Carabinieri in alta uniforme gli consegnano la spada della disfida. 

Ultimata la cerimonia della vestizione l'Angelo viene accompagnato in Chiesa dai genitori, da alcuni fedeli e dalla banda musicale nonché dai due Carabinieri di cui abbiamo detto.
Dopo aver ascoltato la Solenne Santa Messa, le varie Associazioni Cattoliche si predispongono per la processione col Santo Patrono portato a spalle dai fedeli.
La processione percorre il lato San Cesario, cioè il lato est del paese, con una breve sosta per assistere alla spettacolare e rinomata batteria di fuochi pirotecnici.
Terminato il percorso est, il corteo si ferma in piazza, mentre i portatori adagiano su di un tavolo la statua di San Michele disponendola di fronte al palco che funge da Inferno. A questo punto l'Angelo inizia il suo volo partendo dalla loggetta della Casa Canonica e lentamente viene fatto proseguire fino al centro del percorso.

Un assoluto silenzio è calato sulla piazza dove la gente assiepata si accalca per meglio godersi lo spettacolo. La rappresentazione ha inizio con il canto dell'Angelo a cui dopo poco si unisce la voce tenebrosa del Diavolo. Terminata la scaramuccia verbale, l'Angelo accompagnato da scrosci di applausi, raggiunge il lato opposto mentre il Principe degli Angeli, in processione, s'incammina per percorrere il lato opposto del paese. Al ritorno dalla processione, giunti in piazza l'Angelo munito di scudo e spada ritorna in scena ed affronta l'acerrimo nemico Satana che dopo un simbolico duello lo sconfigge facendolo stramazzare al suolo. Si conclude così la tradizionale festa del volo dell'Angelo tra gli applausi della gente e il suono melodioso della Banda Musicale "G. Verdi" della "Città di Rutino".

TESTO DEL DRAMMA

 

PARTE   I

 

Angelo: ( canta )

 

Principe nobilissimo,

del Ciel guerriero invitto,

del trono dell’Altissimo

ardente difensore,

con pompa oggi magnifica,

a scorno del proscritto

angue infernal si celebra.

Gran festa in vostro onore.

 

Diavolo: ( recita )

 

A scorno del proscritto angue infernale! Chi sei tu che ardisci insultar colui che fu tuo superiore un tempo? Colui che scosse il giogo dell’Onnipotenza, che sollevò l’Empireo contro il perpetuo Re del Cielo, ponendo in prova l’alta Sua supremazia?

Se sostenuto io fossi da forza, caso o fato ! Ma, o mio crudele evento, o mio avverso destino!

O voi che nel cieco orror della città di morte vigilanti siete, mostri, furie, datemi libero l’ ingresso.

Ma no, resister non posso, al mio fier dolor che mi strugge, ahi, rimembrando come là perdemmo il Cielo in sì turpe disfatta che pur tutta estinta fu la gloria nostra.

Pur battuto, non domo, di nuovo bramo espormi al cimento ed oggi io qui voglio provarmi con te.

 

 

 

 

Angelo:

 

Vanne o superbo nella bolgia orrenda,

non provocar di Dio l’ira tremenda.

 

Diavolo:

 

Forse atterrir mi vuoi col vano fiato delle minacce tue ?

Audace, insultatore, tu mi conosci a prova e sai qual fui nel dì della battaglia formidabile campione !

Ed or benché caduto in questo fondo d’orror, d’ogni dolor e d’ogni miseria albergo, cangiato non son’io da quel che fui, anzi baldanza e vigoria m’accresce della vendetta il desiderio ardente.

Qui son pronto a rinnovar la pugna, qui le schiere del Cielo prostrate e vinte ai miei piedi vedrò, là dell’ Empireo sulle eccelse cime celebreremo il nostro sospirato trionfo, là pianteremo le insegne della nostra vittoria.

 

Angelo:

 

Vani sforzi tu fai, se tu non parti

io qui posso qual fango calpestarti.

 

Diavolo:

 

Non partirò ma annichilito e spento restar piuttosto a tuo dispetto io voglio.

( guardando nella botola )

Squarci la terra un terremoto orrendo e dal profondo baratro tonante sull’Universo piova di vasto incendio inestinguibil foco.

Apra l’Averno il seno e tra rotanti globi di fumo e fiamme avanzi contro il Cielo il più tremendo campione ch’abbia l’abisso: Asmodeo, lo spirito più forte che ribelle al voler del Fabbro Eterno spogliò l’Empireo e popolò l’Inferno.

 

 

Angelo:

 

Vantati pure, o mostro maledetto,

ma lascia questo suol da Dio protetto.

 

Diavolo:

 

Brucerò questo paese con quella fiamma che nel mio cor feroce avvampa ed arde.

 

Angelo:

 

Sì come un’ara brucerà ogni core

ma sarà fiamma di celeste ardore.

 

Diavolo:

 

Scuro linguaggio che al mio cor fa guerra, seminerò discordia su questa Terra !

 

Angelo:

 

Invano tenterai spirto d’Averno,

parti da questo suol piomba all’ Inferno.

 

Diavolo:

 

Ma chi sei tu che di partir m’imponi ?

 

Angelo:

 

Sono un Messo di Dio sappi o fellone

che tu di me non reggi al paragone.

 

Diavolo:

 

( Buttando con sdegno la forca per terra )

 

Ebbene annunzio di guerra !

Tornerò fra i miei fidi e formidabili campioni per convocarli alla battaglia. Su questo campo tu vedrai fra poco, sfolgoranti di sdegno e di terrore, radunarsi d’Averno i più gagliardi spiriti di cui lo stuol ne eguaglia quello degli astri e di fulgor lo vince.

Tu, qui mi attendi e ti preparerai intanto all’ orrendo conflitto.

 

Angelo:

 

Vanne e ritorna pure, io qui t’aspetto,

e, solo, contro i tuoi la pugna accetto.

 

Diavolo:

 

Apriti o terra e dammi libero il passo nel regno della morte !

E voi dell’ombre eterne, vigili custodi, la via sgombrate al vostro re che nell’abisso torna.

 

Angelo:

 

Ed io spiego il volo al Paradiso

rifulgente di gioia e di sorriso.

 

 

 

 

FINE I PARTE

 

 

 

PARTE II

 

Diavolo:

( Asmodeo a metà della botola guardandosi intorno )

 

O degli eterei seggi, Prenci, Possanze, Re, Figli del Cielo!

Di questi eccelsi titoli il rifiuto dobbiamo fare noi dunque? In vece d’essere nomati prenci d’abisso e che vivremo in tal viltade e tanta noi dunque?

Noi, stirpe celeste diva dal Ciel banditi, calpestati e calchi, qui saremo di catene e di tormenti?

Olà compagni, restate voi nelle carceri profonde, tra pianti eterni tormentatori imbelli, mentre io, campione invitto, da quest’orrido abisso, il piè sospingo ed a pugnar contro il Ciel m’ accingo.

( salta fuori dalla botola )

Ecco Asmodeo in campo. Non più s’insulti Pluto, querele non più.

O mio nume monarca, Prence Supremo di raggianti schiere, che nell’ aspra tenzon posero il rischio dell’ eterno impero, oggi farò vedere il valor mio, contro i campioni dello stesso Iddio.

 

Angelo:

 

Adora il Re dell’universe stelle

e in te consuma la tua rabbia imbelle.

 

Diavolo:

( sbigottito e tremante, scruta nel cielo cercando l’ Angelo )

 

O mio nemico eterno, pur qui ti lasciai e pur qui ti  ritrovo ?

 

Angelo:

 

Tu mi sfidasti ed io la battaglia accettai.

 

 

Diavolo:

 

Son pronto sì ma col tuo Duce, io duce deggio affrontarmi, o col Ciel tutt’insieme, così più gloria acquisterò vincendo e me ne perderò se vinto io sono.

 

Angelo:

 

O timido ciarlone,

sol la mia spada, tutta disperderà la tua masnada.

 

Diavolo:     

 

Contro di te che d’ insultar non cessi si sfoghi alfin il furor che mi strugge.

( guardando nella botola, mentre si ode rumore di catene )

O potentati, o principi, o guerrieri che del Ciel l’onor già foste, del Ciel già nostro ed ora ahimè perduto, cinti di lampi e di saette armati, tentiam di viva forza e tutti a un tempo del Ciel dalle alte torri aprirci il varco.

Scuotetevi, sorgete o in eterno siete perduti !

Avanti......Avanti......Avanti o miei prodi e fidi commilitoni che oggi dopo la pugna, scavalcando i monti e le procelle, saliremo nella parte più sublime del Cielo e là sul Monte del Testamento, affianco dell’aquilone, piantato per sempre a scorno nostro, vendicheremo infine le ingiurie e lo scorno del germe nostro, creato da sì rozza gente e genia di fango.

Alle armi noi dunque, alle armi.

 

Angelo:

 

A noi !

( combattimento col tintinnio delle spade )

 

Folli contro il Signor del Firmamento,

chi resistere potrà è ivi dispersi

sì come polvere alla balia del vento.

Diavolo:

( stando a terra )

 

Ahimè perduto, vergogna di Pluto!

Ahimè da quale stato un cieco orgoglio precipitar mi fè?

( alzandosi e barcollando )

Da qual felicità in qual abisso di sempiterna pena !

Dove or misero me, dove sottrarmi allo sdegno di colui che tutto può? Dove allo stesso mio furor disperato ?

Ovunque io fugga si spalanchi l’ Inferno !

Addio felici campi, soggiorno di eterna gioia, addio per sempre !

Salve, cupo mondo d’orror, a te m’affido e mi nascondo in seno della tua notte.               ( si cala nella botola )

 

Angelo:

 

Inneggiate dal cielo eccelsi cori,

o Serafini al tron del sommo Iddio.

Cadde d’abisso nei profondi orrori

dei ribelli lo stuolo iniquo e rio.

Gloria al Signor del Ciel tra gli splendori.

Sia pace in terra all’ uomo umile e pio.

A te del Creator campion fedele

onore eterno Arcangelo Michele.

 

 

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